E' legittimo cercare di allargare il consenso parlamentare per un governo che deve fare scelte importanti, soprattutto in un passaggio drammatico. Ma sia chiaro che si tratta solo di un rimedio al presente difficile
La cosa singolare nell’analisi politica dei giorni nostri è data dall’applicazione di chiavi antiche e desuete per interpretare e pronosticare. Che dire, allora, della rincorsa ansiogena dei media al “partito di Conte”, seguendone il filo nelle aule parlamentari così, di default, senza comprendere che da anni si è spezzata nel paese la corrispondenza tra rappresentante e rappresentato e dunque dietro a ogni eletto non c’è un pezzo di società, ma solo l’espressione di un modesto solipsismo? Io non so se Conte farà oppure no un suo movimento in grado di proporre al popolo liste, programmi e filosofie di governo nel prossimo turno elettorale: sicuramente, però, quel partito non è oggi in Parlamento. In Parlamento ci sono deputati, in massima parte provenienti dalle file dei Cinque stelle che già votavano per il governo e che adesso si mettono sotto un simbolo per ottimizzare il loro peso politico, e senatori che erano in partibus infidelis – e che dunque spostandosi pesano il doppio – impegnati nel commendevole progetto di tener in vita la legislatura.
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