L'intervento di Piero De Luca

"Vi spiego perché la proposta di Salvini sul Recovery ci farebbe perdere almeno 20 miliardi"

Pubblichiamo la lettera di Piero De Luca, deputato del Pd. L'analisi sul Recovery: le scadenze da rispettare, le direttive europee da rispettare (niente ponte sullo Stretto né navicelle spaziali, please), l'avvertimento di Gentiloni. Di tutto si ha bisogno, tranne che della propaganda sovranista

Piero De Luca*

Se, come chiede la Lega, chiedessimo a Bruxelles solo i grants, sarebbe un errore enorme. La differenza tra i social bond europei e i btp decennali è di quasi un punto percentuale. E poi al nostro sistema serveliquidità

Le risorse del programma Next Generation EU attribuiranno all’Italia nei prossimi anni circa 209 miliardi di euro, di cui 82 miliardi in sovvenzioni a fondo perduto e 127 miliardi erogati come prestiti. Si tratta di un’occasione storica per far diventare il nostro Paese più moderno, equo e competitivo. E si tratta soprattutto di una grande successo del Governo italiano e dei Democratici. Giova ricordare infatti ai sovranisti che oggi si permettono di dispensare buoni consigli, che hanno dato per mesi cattivi esempi, lavorando contro gli interessi del nostro Paese.

 

È bene precisare che Lega e Fdi non hanno mai sostenuto in Parlamento europeo l’approvazione di questo programma straordinario di ripresa. Non hanno mai votato a favore né della sua istituzione né dell’adozione degli Eurobond per finanziarlo, al massimo si sono astenuti in alcune votazioni. Anche in questa fase di emergenza drammatica, hanno dunque preferito la propaganda insieme ai propri alleati piuttosto che la difesa dei cittadini italiani.

 

Il lavoro del Parlamento

Fortunatamente la guida del timone italiano era in buone mani e così nei prossimi giorni inizierà l’esame parlamentare della bozza di Recovery Plan elaborata dal governo. Il documento si inserisce nel quadro di un percorso di collaborazione tra Parlamento ed esecutivo già iniziato lo scorso autunno, dopo la trasmissione alle Camere, il 15 settembre 2020, della proposta di Linee guida per la definizione del Piano. L’attività parlamentare di indirizzo si è conclusa, il 13 ottobre 2020, con l’approvazione di due distinte risoluzioni da parte delle Assemblee di Camera e Senato, le cui Commissioni hanno formulato specifici rilievi e pareri sui profili di propria competenza.

 

Facendo tesoro di queste indicazioni e del confronto intercorso con tutte le forze politiche di maggioranza, in particolare con il Partito Democratico, il Piano oggi all’esame del Parlamento appare profondamente rafforzato rispetto alle prime versioni dello stesso. Sono pienamente rispettate le indicazioni legate alla sostenibilità ambientale, agli investimenti nel digitale, nonché nella coesione sociale e territoriale. Appaiono oggi più cospicue le risorse proposte per le infrastrutture, la scuola e la sanità. E sono diventati trasversali gli impegni rivolti alle politiche a sostegno delle donne, dei giovani e della coesione territoriale nel Mezzogiorno.

 

Le riforme da fare: giustizia, fisco, pubblica amministrazione  

Ciononostante, restano però ancora dei nodi decisivi da sciogliere. Nel merito del Piano, è bene chiarire quanto sia essenziale rafforzare gli impegni e i programmi sulle Riforme, necessarie per semplificare e modernizzare il Paese, in linea con le Raccomandazioni 2019 e 2020.

 

La Commissione ha elaborato degli appositi indirizzi rivolti agli Stati membri in due documenti del 17 settembre 2020 e del 22 gennaio 2021. In tali linee guida si precisa in modo evidente il carattere indispensabile proprio delle Riforme ai fini dell’approvazione dei Recovery Plan nazionali. Per il nostro Paese, si tratta di criticità che ci trasciniamo da tempo, su cui abbiamo oggi l’opportunità di intervenire in modo deciso e definitivo. Mi riferisco, in particolare, ai tempi dei processi civili e penali, nonché all’organizzazione complessiva della macchina della giustizia. Ma mi riferisco anche all’esigenza di interventi strutturali per modernizzare il nostro sistema fiscale, per assicurare maggiore dinamismo ed efficienza alla pubblica amministrazione, per una forte semplificazione della burocrazia, per un deciso rafforzamento della concorrenza e del mercato del lavoro. Riforme - chiariamo - che ci indica l’Europa, ma che servono all’Italia.

 

Il nodo della governance

Accanto a questi profili di merito, sarà indispensabile affrontare, poi, alcuni ulteriori profili procedurali anch’essi estremamente importanti. Anzitutto, bisogna affrontare e risolvere il tema della Governance per lo sviluppo ed esecuzione del Pnrr. Le citate linee guida della Commissione chiedono espressamente di determinare un “coordinator”, ossia un Ministero, un’entità, un’autorità, una cabina di regia, responsabile dell’implementazione finale del Piano nazionale e punto di riferimento per l’Unione al riguardo. A questo si aggiunge l’esigenza di individuare anche delle procedure specifiche, semplificate e accelerate per la realizzazione dei progetti Recovery. Negli ultimi decenni, è bene ricordarlo, le nostre performance di impegno, spesa e rendicontazione dei Fondi europei non sono state molto incoraggianti. Anzi. Come emerge dall’ultima relazione annuale della Corte dei conti europea, l’Italia è fanalino di coda in Europa, penultima seguita dalla sola Croazia, per assorbimento dei fondi strutturali dell’ultima programmazione, dal Fondo sociale a quello di sviluppo regionale.

  

Ora, è del tutto evidente che questa situazione rischia di aggravarsi, vista la quantità supplementare di risorse da spendere nei prossimi anni, nel quadro del Next Generation Eu. Bisogna intervenire, dunque, con forza e coraggio sulle procedure burocratiche ed amministrative relative alla programmazione ed all’esecuzione degli interventi. Altrimenti rischiamo di dover commentare un grande flop tra qualche anno.

  

Non c'è tempo da perdere

Infine, è indispensabile, come ricordato anche dal Commissario Gentiloni, dettagliare un cronoprogramma preciso degli interventi proposti, che definisca i tempi esatti di realizzazione dei progetti da finanziare. Ed è necessario individuare con maggiore attenzione i c.d. “milestones” e “targets”, ossia gli obiettivi intermedi e finali che il Piano si prefigge di raggiungere nei vari settori interessati. Su questi ultimi aspetti, vale la pena ricordare infatti la natura particolare delle risorse del Next Generation Eu. I finanziamenti possono coprire misure adottate fin dal mese di febbraio 2020. Il 70 per cento delle risorse a fondo perduto dev’essere impegnato entro il 31 dicembre 2022. Il restante 30 per cento dev’essere impegnato invece entro il 31 dicembre 2023. Tutti i pagamenti legati agli interventi da realizzare con queste risorse devono essere effettuati non oltre il 31 dicembre 2026.

 

I finanziamenti in prestito possono essere richiesti al massimo entro la fine del 2023 per interventi da effettuare sempre entro la fine del 2026. Aggiungiamo peraltro che, dopo il primo anticipo del 13 per cento, con l’approvazione del Pnrr, i pagamenti arriveranno due volte all’anno con esborsi condizionati al raggiungimento dei target e delle tempistiche definite. Se questi obiettivi non sono raggiunti, c’è il rischio reale e concreto che le risorse non vengano in tutto o in parte erogate.

 

Ora, in questo contesto regolamentare, una considerazione preliminare s’impone anzitutto rispetto a tante proposte propagandistiche che abbiamo ascoltato recentemente. Le risorse del Next Generation Eu dovranno e potranno finanziare solo ed esclusivamente progetti di interventi concreti, immediatamente programmabili ed eseguibili. Progetti che vanno dettagliati, sin dalla presentazione del Recovery Plan, nella tempistica e negli obiettivi, pena la bocciatura degli stessi o addirittura dell’intero Pnrr.

 

Interventi quali il Ponte sullo stretto di Messina non sono ammissibili per l’erogazione di queste risorse. La realizzazione di una Navicella spaziale che ci possa condurre su Marte alla velocità della luce non è finanziabile attraverso questi fondi. Basta dire parole al vento! Non tutti i progetti di sviluppo futuro possono essere sostenuti con le risorse del Next Generation Eu. Vale la pena ribadirlo perché stiamo continuando ad ascoltare anche in queste ore dichiarazioni scomposte o dannose per il Paese, buone solo a creare confusione e disorientamento.

 

L'ultima trovata di Salvini: "Prendiamo solo i prestiti". Sarebbe sbagliato

L’ultima puntata della propaganda sovranista si è concentrata su una proposta di Salvini all’apparenza geniale: prendiamo solo la parte di risorse a fondo perduto e lasciamo a Bruxelles la parte di prestiti; tanto i soldi di cui abbiamo bisogno possiamo reperirli direttamente sul mercato a tassi forse ancor più convenienti di quelli praticati dall’Unione Europea. Si tratta dell’ennesima uscita propagandistica, per varie ragioni.

 

La prima, più evidente, chiarita recentemente dal prof. Cottarelli e dall’Osservatorio conti pubblici italiani, attiene al costo del finanziamento tramite emissioni di titoli pubblici italiani sul mercato rispetto a quello europeo. Il parametro da considerare, al riguardo, è quello del costo dei prestiti ottenuto nell’ambito del programma SURE, sulla cassa integrazione europea. Il 20 ottobre, la Commissione ha emesso 17 miliardi di cosiddetti “social bond”, di cui 10 miliardi con scadenza a 10 anni, al tasso addirittura negativo di -0,238 per cento, e 7 miliardi con scadenza a 20 anni, al tasso dello 0,131 per cento. Il risparmio per l’Italia va valutato confrontandolo ai tassi di interesse che attualmente il nostro paga emettendo direttamente Btp sui mercati finanziari. Al riguardo, ricordiamo che, ad oggi, i tassi di interesse sui Btp decennali sono attualmente di circa 0,65 %, mentre quelli sul Btp ventennali sono di circa 1,35 per cento. Ora, se ipotizziamo che il nostro Paese utilizzi i 127 miliardi di prestiti con la stessa formula adottata per il finanziamento SURE (60 % prestiti decennali e 40 % ventennali), il risparmio finale sarebbe – a condizioni invariate – di circa 20 miliardi di euro. Una cifra non banale, considerata al ribasso peraltro, che Salvini preferirebbe bruciare per interessi a carico dei conti pubblici pur di alimentare la sua propaganda antieuropeista e non riconoscere il grande supporto che invece l’Europa fornirà all’Italia anche e soprattutto con il programma Next Generation Eu.

 

La seconda ragione per la quale non avrebbe alcun senso richiedere a Bruxelles solo le risorse a fondo perduto si lega ad un’altra valutazione collegata. La ripartizione dell’ammontare complessivo degli impieghi dell’attuale bozza del Pnrr, pari a 223,9 miliardi (comprensivo anche delle risorse del programma React Eu) è volta a coprire a ben vedere una parte molto rilevante di progetti di interventi, pari a circa 103,6 miliardi, già stabiliti. L’attuale bozza del Piano, in altri termini, nel pieno rispetto delle linee guida europee, prevede di finanziare numerosi interventi già programmati o addirittura avviati a partire dal mese di febbraio dello scorso anno, altri – come il superbonus o la decontribuzione per le assunzioni nel Mezzogiorno – previsti dalla Legge di bilancio per il 2021.

 

Se soltanto ci fermassimo a quanto già in essere, quindi, sarebbe ad ogni modo utile chiedere all’Unione prestiti quantomeno per la parte eccedente gli 82 miliardi a fondo perduto così da coprire integralmente gli impegni assunti fino a 103,6 miliardi operando una c.d. sostituzione del debito (replacement) al fine di risparmiare i costi degli interessi, come sopra precisato. Anche in questa logica ipotetica, puramente conservativa, la proposta di Salvini sarebbe dunque assolutamente sbagliata.

 

Tutto questo se decidessimo però di limitarci a finanziare interventi già definiti. Ma l’obiettivo del Next Generation Eu è, in realtà, quello di fornire un sostegno straordinario all’attuazione di programmi di Riforme strutturali e Investimenti strategici ad alto valore aggiunto, in grado di trasformare davvero il volto dell’Italia nei prossimi anni. Ecco la ragione ulteriore per la quale il ragionamento di Salvini è del tutto privo di senso. Noi abbiamo bisogno di immettere liquidità nel sistema economico italiano. Noi abbiamo bisogno di sbloccare il Paese e mettere in campo tutte le azioni necessarie a costruire l’Italia del futuro, che consegneremo alle prossime generazioni.

 

Non avremo mai più un’occasione del genere. Non avremo mai più a disposizione un ammontare di risorse così ingenti, a tasso così vantaggioso, addirittura negativo sui 10 anni. Perché limitare allora la potenza di fuoco di cui l’Italia ha assoluto bisogno. O perché sprecare 20 miliardi di interessi da buttare al vento, preferendo emettere titoli di debito sul mercato piuttosto che richiederli all’Europa?

 

A tutte queste domande non vi è alcuna risposta ragionevole o sensata. La sola spiegazione è il tentativo di continuare a sostenere posizioni demagogiche e strumentali, anche a costo di danneggiare e penalizzare gravemente le nostre famiglie, i nostri lavoratori o le nostre imprese. Perché, come sempre, l’interesse nazionale è l’ultima delle preoccupazioni per i cosidetti sovranisti italiani.

 

*Piero De Luca, deputato del Pd

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