"Ao, ma quindi?”. Dopo ventisei minuti di show - tempi e modi non proprio quirinalizi - Renzi chiude il microfono. E un operatore tv osserva perplesso la delegazione di Italia viva guadagnare l’uscita del Salone del feste. Premessa: il pover’uomo si fa interprete di uno smarrimento collettivo. E quindi raccoglie a tulipano le cinque dita della mano destra e le altalena in una gaddiana ipotiposi digito-interrogativa. “Ao, ma che ha detto Renzi? Lo vole er Conte ter o no?”. In effetti lo gnommero è ancora tutto lì. Negli appunti c’è scritto a proposito di Renzi: evoca il nome di Mario Draghi; dice che il governo dimissionario è stato tra i peggiori al mondo nel gestire la pandemia e la scuola; l’economia va a rotoli; è pronto a un governo politico con questa maggioranza ma anche istituzionale; i responsabili sono “scandalosi”, il premier è vanitoso. Ma nella propaganda ha dato una notizia: Giuseppe Conte, su pressing di Mattarella, lo ha chiamato prima di salire al Colle. Ragionare su questo indizio.
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