Trasformismo che non direi nemmeno buono, ma ottimo, perfino superlativo. Nelle consultazioni e nei negoziati che porteranno con ogni probabilità alla formazione di un governo e alla fiducia delle Camere, dunque un governo politico e parlamentare, guidato da Mario Draghi, si mostrerà ancora una volta il lato migliore delle istituzioni italiane intese come sistema, come prassi. I commentatori anglosassoni, inglesi e tedeschi, che abitano il cuore d’Europa e sono (usiamo subito una parola draghesca) la constituency naturale dell’ex presidente della Banca centrale, avranno modo di notare qualcosa che sfugge ai commentatori moralistici e impolitici del nostro giro culturale: la Costituzione scritta del 1948 ha sempre permesso, e tuttora consente, un grado di instabilità altissimo, pari però soltanto al grado di flessibilità, anch’esso stellare. La Costituzione materiale, cioè l’uso politico che diviene costume e abito paragiuridico del sistema, riflette questa flessibilità feconda, capace di trasformare il regime repubblicano senza romperlo, di trasformare partiti e movimenti, formule di compromesso e di avanzamento, diverse soluzioni di governo fissate o scelte dalla rappresentanza anche quando imposte dalle situazioni di necessità e dalla tutela creativa del capo dello stato, anche lui un eletto della rappresentanza parlamentare.
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