La parabola europeista di Matteo Salvini ha sfatato un altro tabù, uno dei più sorprendenti. “Sul tema immigrazione noi proporremo l’adozione della legislazione europea. Vogliamo che l’immigrazione in Italia sia trattata come lo è in Francia e in Germania”, ha detto lunedì a Milano. Un concetto rilanciato ancora ieri, dopo il nuovo incontro con il premier incaricato Mario Draghi. “Sull'immigrazione chiediamo politiche di stampo europeo, che trattino la gestione” dei flussi “come Spagna, Francia, Germania. Non il ‘modello Salvini’, ma una buona gestione”. Il sorprendente slancio degasperiano del leader del Carroccio ha lasciato di stucco i giornalisti presenti. Per esser sicuro di avere capito bene, qualcuno lunedì gli ha chiesto che cosa si dovrebbe fare, allora, con i 422 migranti salvati dalla nave umanitaria Ocean Viking e sbarcati poche ore prima al porto di Augusta. “Coinvolgere l’Europa”, ha risposto secco il novello Dulce. E se non fosse che a parlare è colui che fino a poche settimane prima era l’“uomo dei porti chiusi”, l’alleato di Orbán e Le Pen, l’ex ministro dell’Interno imputato per sequestro di persona aggravato ai processi Open Arms e Gregoretti, le parole di Salvini potrebbero essere scambiate per una provocazione. Ma se davvero l’aura di Mario Draghi ha avvolto il Carroccio, se è vero che non si tratta di mero camaleontismo ma della revisione di un’agenda politica, allora è questo il momento di passare ai fatti.
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