La direzione dei Democratici
Zingaretti rilancia l'alleanza con il M5s e chiede unità al Pd
Nel Pd però arrivano i primi distinguo sulla linea politica del segretario. Ci dice Matteo Orfini: "La nascita del governo Draghi obbliga a riflettere soprattutto chi in questi mesi ha legato la linea e il profilo del Pd a Conte e al rapporto privilegiato col M5s. Una linea che non condividevo prima e che non voglio pensare possa essere riproposta per il futuro come se niente fosse". Tommaso Nannicini: "Ci sono interi territori abbandonati dal Pd, con commissari e dirigenti che nessuno vede e che garantiscono soltanto il patto oligarchico tra vecchi gruppi dirigenti, e sarebbe da marziani non accorgersene”.
Roma. Lo sa, Nicola Zingaretti, che nel Pd dietro l’unità di facciata si cela una insofferenza profondissima. Non a caso da più parti si inizia a parlare di congresso e si mette in discussione la linea della segreteria degli ultimi mesi. Dal “o Conte o morte” all’alleanza strutturale con il M5s. Zingaretti lo dice subito durante il suo intervento in direzione, quando spiega che serve l’“unità sostanziale” del Pd. Occorre “che non si alluda a contrapposizioni sulla linea. Altrimenti sarebbe utile e giusto esplicitare il dissenso, per trasparenza”. Anche perché, aggiunge il segretario, “il dibattito pubblico appare confuso” già di suo. Ammette però “che, certo, non è andato tutto bene” fin qui. Ma non è responsabilità del Pd, dice Zingaretti: “Eravamo impegnati con il governo Conte in un lavoro di rilancio che avevamo chiesto noi, aperto alle osservazioni critiche di ogni forza politica. Tutto si è interrotto quando Italia Viva ha deciso di staccare la spina al governo”. Nella situazione di incertezza, “il presidente Mattarella ha messo a disposizione del parlamento una delle figure più prestigiose in Europa e nel Mondo. Ognuno in buona fede non può riconoscere che se tale alleanza Pd-Leu-M5s fosse venuta meno lo stesso Draghi ne avrebbe sofferto”. Zingaretti cerca insomma di convincere i dirigenti del Pd, precisando che il sì al “un governo di alto profilo” con dentro anche la Lega non mette in discussione la special relationship con i grillini, anzi. Zingaretti sembra rilanciarla in vista delle prossime amministrative. Br, la corrente di Lorenzo Guerini e Luca Lotti, appare più freddina sul tema. Lo si capisce anche dall’intervento di Alessandro Alfieri, il coordinatore nazionale, che si limita a considerare “positivo preservare la collaborazione con 5 Stelle e Leu per evitare l’isolamento” e si ferma lì. Altri dirigenti sono ancora meno convinti. Come il deputato Matteo Orfini, che al Foglio dice: “E’ del tutto evidente che la nascita del governo Draghi obbliga a riflettere soprattutto chi in questi mesi ha legato la linea e il profilo del Pd a Conte e al rapporto privilegiato col M5s. Una linea che non condividevo prima e che non voglio pensare possa essere riproposta per il futuro come se niente fosse”. Oggi, sottolinea Orfini, “ci concentriamo sul nuovo governo e sulle emergenze del paese. Ma appena il Covid lo consentirà questa discussione andrà fatta seriamente”. Con un congresso? Zingaretti dice che farlo adesso sarebbe “da marziani”. Però precisa: “Questo non significa che non sia arrivato il momento di un’iniziativa per rendere più chiara, convincente e netta la nostra presenza in questa fase della politica italiana”. Entro il mese di febbraio si svolgerà l’assemblea nazionale. “La direzione del Pd si è conclusa con un dispositivo secco e pienamente condivisibile: pieno appoggio al governo Draghi”, dice al Foglio il senatore Tommaso Nannicini. “Dopodiché di errori, anche nostri, e di che cosa vuole diventare il Pd nel futuro discuteremo nei prossimi mesi a partire dall’assemblea nazionale che è stata annunciata per febbraio. Adesso abbiamo bisogno di un Pd che fa il Pd, autonomo e protagonista, che non insegue gli eventi ma li governa. E che rafforza la sua presenza nel Paese, come ha detto anche Zingaretti. Ci sono interi territori abbandonati dal Pd, con commissari e dirigenti che nessuno vede e che garantiscono soltanto il patto oligarchico tra vecchi gruppi dirigenti, e sarebbe da marziani non accorgersene”. Così come sarebbe da marziani non accorgersi del rischio che il Pd vada a rimorchio del M5s, dice Nannicini: “Molti nel Pd dicono che è importante che i 5 Stelle stiano nel governo per bilanciare la Lega, ma i tormenti dei 5 Stelle non nascono dal fatto che ci sia la Lega, con cui hanno governato più di un anno facendoci anche i decreti Salvini! I tormenti dei 5 Stelle nascono da Draghi. E anche da questo si misura la diversità politica e culturale tra Pd e M5s”. Insomma, dice il senatore Francesco Verducci, che pure sostiene la linea del Sì al governo Draghi, "sull'analisi di questo anno e mezzo trascorso e sul futuro c'è un dissenso forte, che abbiamo sempre esplicitato, sul tema della subalternità del Pd, sull'altare dello schema dell'alleanza strategica con i 5s che ha impedito un più forte profilo di autonomia e radicamento del Pd. Ma questo non è il tema di oggi. Su strategia, linea politica e alleanze dovrà decidere un congresso vero, che come detto più volte da Zingaretti dovrà esserci appena finita l'emergenza, visto che il precedente fu in un altra era geologica quando eravamo all'opposizione di Lega e M5S. È impensabile tenere un congresso adesso, e non lo abbiamo mai chiesto. Pensiamo debba esserci appena finita emergenza per dispiegare con forza la proposta del PD nella fase nuova. Adesso il tema è far nascere e bene il Governo Draghi".