Il retroscena
Così il taciturno Fico ha gestito la partita del M5s nel governo Draghi
Tre ministri su quattro sono vicini al presidente della Camera. Di Maio ha lavorato solo per sé. Crimi delegittimato
Dopo la squadra di governo tra esclusioni eccellenti e rabbia per le scelte del nuovo premier, il Movimento è scoppiato. Grillo fa un post senza citarlo e invita tutti a stare "o di qua o di là"
Il primo effetto del governo Draghi è sul M5s: la prima forza del parlamento ormai è implosa. E' acefala, nel caos più totale, senza una linea comune. Con il capo politico Vito Crimi più debole che mai, Alessandro Di Battista che ha fatto un passo indietro (ma senza andarsene), Beppe Grillo che non crede più al partito che ha fondato (al punto di lanciare un appello per schierarsi di qua o di là senza mai citare il M5s).
In questa guerra tra bande c'è addirittura la richiesta dei frondisti, come Barbara Lezzi, che chiedono, di ripetere il voto su Rousseau per decidere se concedere o meno la fiducia a Draghi mercoledì prossimo in Senato. "Il super ministero per la Transizione ecologica non c'è". In compenso ci sono Brunetta, Giorgetti, Carfagna, Gelmini...
Allora è fondamentale ricostruire le ultime 48 ore concitate che hanno portato alla formazione del governo. E così si scopre che a sorpresa un vero e proprio ruolo di regista lo ha giocato Roberto Fico: il presidente della Camera è stato il trait d'union tra Draghi e Grillo, il presidente della Camera ha tenuto sempre vivo il contatto con il Quirinale, il presidente della Camera ha influito più di tutti nella lista grillina sottoposta, dopo mille versioni, a Draghi.
Non a caso alla fine di quattro posizioni una è stata occupata da Federico D'Incà, vicinissimo a Fico, e l'altra da Stefano Patuanelli, già contiano ma con ottimi rapporti con il Pd, come appunto il numero uno di Montecitorio. Visto che poi c'era da inserire una donna, alla fine il nome segnalato è stato quello di Fabiana Dadone, anche lei con una spiccata sensibilità di sinistra. Raccontano anche di un incontro mercoledì scorso tra Draghi e Fico al termine dell'ultimo giro delle consultazioni con le parti sociali.
In questa partita Luigi Di Maio è riuscito a lavorare solo per sé. Ottenendo una conferma alla Farnesina che era tutt'altro che scontata. Ma a differenza del passato, l'ex capo politico non è riuscito a fare squadra con gli altri, nonostante sia stato il primo nel M5s a rimanere folgorato sulla via dell'ex capo della Bce. Di Maio sapeva di esserci, ma non sapeva dove sarebbe andato. Per il resto, da ieri sera, è buio sul Movimento. Anche perché nessuno sa cosa fare Conte, da oggi pomeriggio tornato a essere un docente universitario, almeno sulla carta.
Le chat dei parlamentari 5 stelle stanno facendo fuoco e fiamme. Rosalba Testamento: "Alla Lega lo Sviluppo economico, a Forza Italia il Sud per riprendere i voti. E a noi?". Luigi Iovino: "Abbiamo giocato al ribasso, siamo stati trattati da stupidi, pesiamo meno di Leu, che angoscia". Simona Suriano scherza: "Ragazzi abbiamo gli Esteri ma di cosa ci lamentiamo?". Francesco Forciniti: "Il mio voto sarà no".
E proprio il fronte del no sembra allargarsi sempre di più nel M5s: mercoledì il primo test. Sullo sfondo sta per aprirsi un altro match: quello sui sottosegretari e i viceministri. Anche in questo caso Draghi terrà una quota tecnica per sé. Nel M5s, al di là dei ministri esclusi che difficilmente rientreranno in gioco, sono in lizza big del calibro di Vito Crimi, Laura Castelli e Stefano Buffagni. Tutto può succedere.