Conte torna in cattedra. "Ma credo nell'alleanza Pd-M5s-Leu"
"Il mio futuro immediato è all'università di Firenze, ma continuerò a dare il mio contributo", ha detto l'ex premier. La profezia di Renzi, che voleva rispedirlo a Novoli
Defenestrando Giuseppe Conte da palazzo Chigi, Matteo Renzi ha realizzato uno di quegli obiettivi che forse andava covando da tempo. "Senza i miei giochini politici di un anno fa oggi farebbe il professore all’Università di Firenze e in queste ore si occuperebbe di come funziona la didattica online da Novoli, non di Dpcm", disse a proposito del giurista pugliese in un intervista a Repubblica, lo scorso ottobre. Tempo tre mesi, ed ecco che il professore di diritto privato torna in cattedra, laddove voleva relegarlo il leader di Italia viva. Dopo anni spesi nei vertici europei, ad accrescere la propria autorevolezza, il più modesto e ordinari dei ritorni alle origini. Senza fasti. "Il mio futuro immediato è all'Università di Firenze, è terminata la mia aspettativa", ha confermato oggi Conte intercettato dai giornalisti. Dunque nessun paracadute elettorale, venuta meno anche l'ipotesi di far parte del governo Draghi, lo ha tenuto al riparo dalla professione ante politica. Che lo vedeva varcare l'ingresso degli edifici di via delle pandette, in mezzo a casermoni in stile campus americano costruiti sopra a un vecchio stabilimento Fiat, con la protezione dell'anonimato.
Ed è forse, questa parabola, pure un rimando di simbologie a Firenze, la città dove tutto è partito. Renzi, Bonafede, Conte che per il tramite di quest'ultimo viene proposto ministro alla Funzione pubblica alle politiche del 2018 (ironia dei confronti: adesso in quel ministero vi si insedia Renato Brunetta, una mano di passato che tutto rimescola). Per poi evolvere come si sa: due governi, maggioranze opposte, l'ipotesi di un partito personale, la caccia ai responsabili che non decolla, il "ci sono e ci sarò" che lasciava presagire un futuro da capo politico dei cinque stelle. Per poi concludersi nel più ciclico dei modi: rassegnando le dimissioni per evitare la caduta per mano dell'amico Fofò. "Continuerò a dare il mio contributo, nelle forme in cui sarà possibile", ha però precisato Conte. Anche perché quell'alleanza Pd-M5s-Leu "non l'ho declamata a caso. Ci credo molto". Il tutto sta a capire se dopo qualche mese in cui sarà tornato a vestire i panni di un professore ordinario, fatti di lezioni, ricevimenti, esami (già ci figuriamo la scena di chi si vanta di aver racimolato un voto seppur modesto, "ma il prof era Conte"), sarà ancora lui la figura di raccordo, quell'equilibrio che la vecchia maggioranza si ostinava a difendere fino a evocare la chiamata alle urne, una campagna elettorale in piena pandemia. Ché semplice professore di diritto privato lo è stato, e quasi per forza dell'abitudine potrebbe sempre ridiventarlo.