Crimi frena la rivolta: "Chi ha votato No è fuori dal gruppo del M5s"
La lettera del capo politico inviata ieri sera al capogruppo del Senato Licheri. Bisogna evitare il liberi tutti anche alla Camera. Il sabotaggio di Casaleggio che invita i ribelli a votare contro
Cacciarli tutti, cacciarli subito. Questo, per Vito Crimi, l'imperativo categorico. L'emorragia è stata più ampia del previsto, e quindi è con più solerzia del solito che va tamponata. "Anche perché sennò, se passa il concetto del liberi tutti, domani alla Camera succede il pandemonio". Questo si dicevano ieri sera, in una riunione improvvisata al termine del voto nell'aula di Palazzo Madama, i vertici del M5s.
Perché quindici No e otto assenze, di cui almeno quattro strumentali, sono una insubordinazione troppo consistente per essere ignorata. Anche perché tra i disertori ci sono anche due esponenti di spicco del Movimento come Barbara Lezzi e Nicola Morra. In tanti sono stati spinti all'estremo gesto, il No alla fiducia al governo di Mario Draghi, dalla presunta garanzia di impunità. E infatti Elio Lannutti, quello dei Savo di Sion, a un certo punto, di fronte all'ennesimo tentativo di moral suasion ("Elio, ripensaci, se voti No poi ti cacciano"), se la rideva con un'aria beffarda: "Ho parlato con Davide Casaleggio e mi ha rassicurato: nessuno mi caccerà". Ed ecco allora la rabbia di Crimi, che corre ai ripari.
Si chiude nel suo studio a tarda sera e nel giro di pochi minuti scrive le lettere da consegnare nelle mani del capogruppo Ettore Licheri. Passaggio formale necessario per avviare le procedure di espulsione dei 15 senatori che hanno votato No. Si vedrà se verranno cacciati anche dal M5s. Ma intanto vengono immediatamente esiliati dal gruppo grillino di Palazzo Madama. Costretti a riparare nel Misto, per ora, a cercar casa altrove. La procedura verrà ufficializzata a metà della mattinata di oggi. Giusto in tempo per evitare che nel frattempo alla Camera, dove va in scena il secondo voto di fiducia per Draghi e il suo esecutivo, l'impunità dei senatori diventi un incentivo alla ribellione generale.