I limiti del perimetro pubblico, il piano vaccini, la riforma della Pa. Il premier delinea un nuovo rapporto tra stato e cittadini: più sussidiarietà e concorrenza, meno dirigismo e centralismo
Nel primo e articolato discorso di Mario Draghi da presidente del Consiglio è presente una traccia che indica un cambiamento nel modo di intendere il rapporto tra stato e cittadini, tra stato e mercato, tra stato e società. Questa diversa sensibilità è apparsa all’inizio del suo intervento, quando Draghi si è rivolto a “coloro che lavorano nelle attività più colpite o fermate per motivi sanitari”, dicendo che il governo si impegnerà “a fare di tutto perché possano tornare nel più breve tempo possibile, nel riconoscimento dei loro diritti, alla normalità delle loro occupazioni”. Le riaperture delle attività economiche nel linguaggio del governo Conte erano spesso accompagnate da termini come “concesso” e “permesso”, mentre ora Draghi parla di “riconoscimento dei diritti” di chi lavora. Nella sostanza potrebbe non cambiare molto se la diffusione del contagio dovesse costringere il governo a ulteriori restrizioni, ma nella scelta lessicale il passaggio da un diritto ottriato a uno riconosciuto non è banale. E questa attenzione è sottolineata anche nel passaggio successivo, quando il premier afferma l’impegno quantomeno a “informare i cittadini con sufficiente anticipo di ogni cambiamento nelle regole”. Anche nella gestione della pandemia, i cittadini non possono essere trattati da sudditi.
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