Con Matteo Salvini al ministero dell’Interno abbiamo imparato a diffidare della storiella che fa dipendere il numero delle partenze dei migranti dalla Libia da quante navi sono pronte a salvarli al largo. Oggi sappiamo invece che si parte se il mare è calmo, come è successo all’inizio di questo mese, quando abbiamo assistito a una mini ripresa delle partenze nel Mediterraneo. Un fenomeno accompagnato stavolta da una novità. Lo scorso 7 febbraio sono bastate 40 ore all’Italia per assegnare un porto sicuro per lo sbarco dei 343 migranti a bordo della nave umanitaria Ocean Viking; una settimana dopo alla Open Arms è stato concesso l’approdo nel giro di 15 ore dalla richiesta di aiuto. La ragione di questa svolta, invocata più volte e da più parti in nome del buon senso, sta nell’inversione dell’assunto coniato quando al Viminale c’era proprio Salvini e mantenuto in vigore dal suo successore Luciana Lamorgese, ovvero: prima si redistribuiscono i migranti, poi si concede un porto di sbarco. Ecco, ora l’ordine di priorità è stato invertito.
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