Il retroscena

Altro che sottosegretari, ecco il tridente che vuole Draghi: Giavazzi, Remuzzi e D'Alberti

Mentre i partiti di sottogoverno si azzuffano per i posti, il premier pensa ai consiglieri economici, sanitari e legali

Simone Canettieri Valerio Valentini

Nell'infornata di nomine c'è anche Franco Gabrielli, il capo della polizia si occuperà della delega ai Servizi da piazzare a Palazzo Chigi

Nel giorno in cui i partiti se le danno di santa ragione in Consiglio dei ministri per i sottosegretari, il premier Mario Draghi ferma su un foglio tre nomi che vuole come super consiglieri al suo fianco. Il primo: il prof dell’Istituto Mario Negri Giuseppe Remuzzi, che nella testa del premier dovrà essere la versione italiana di Anthony Fauci. Un esperto per il virus. Poi per l’economia, ecco il secondo nome: Francesco Giavazzi, bocconiano, compagno di strada al Mit e poi al Tesoro. Chiude la terna dei possibili consiglieri: Marco D’Alberti, esperto in questioni legali, docente alla Sapienza. Poi certo c’è la partita di sottogoverno che si è conclusa lasciando macerie tra i partiti.

 
Draghi intanto plasma la squadra a Palazzo Chigi, dunque. E dà un altro colpo al contismo: la delega ai Servizi segreti sarà affidata a Franco Gabrielli, capo della Polizia, uomo di grandissima esperienza nell’amministrazione dello stato. Una notizia che eccita le chat di Italia viva. Scrive infatti Matteo Renzi ai suoi parlamentari: “La nostra battaglia per dare i servizi ai professionisti sembra aver prodotto un eccellente risultato. Sul resto parleremo di tutto, come sempre”.


Il resto è tanto, e riguarda la cucina dei partiti. E che la tensione sia ancora alta, l’incertezza massima, all’inizio del Cdm, lo dimostra il fatto che a metà della riunione, i lavori vengono sospesi. Il primo a sollevare un problema operativo è Lorenzo Guerini, che lamenta la presenza di un solo sottosegretario alla Difesa. Ma il tema s’intreccia poi con la prospettata nomina di Giorgio Mulè per l’Editoria.

Luigi Di Maio mette subito le mani avanti: “Così i miei si dimettono prima ancora di cominciare”. Dario Franceschini gli regge il gioco: “E’ una figura troppo connotata”, dice, in riferimento ai trascorsi del deputato siciliano nella scuderia del Biscione. E così finisce che Mulè, una vita passata nelle redazioni, finisce a Palazzo Baracchini; e Giuseppe Moles, senatore potentino di Forza Italia, già braccio destro di Antonio Martino al ministero della Difesa, si vede attribuire la delega all’editoria. Il tutto, in un Cdm in cui i nomi girano di casella in casella, per trovare l’incastro adeguato, e con gente che, nel giro di mezz’ora, passa da un ministero all’altro. 
Come sempre, certo. Ma questa volta  gli scontenti sono davvero tanti, e dovunque. E dunque bisogna andare di fiore in fiore per capire chi ha vinto e chi ha perso. Nel gioco dei grandi esclusi e delle correnti interne ai partiti. 


Occorre partire dal M5s, partito squassato dalle liti. A metà tra lotta nel fango e Forum (è di ieri la notizia di 10 parlamentari pronti a una class action contro l’espulsione). Sono confermati Giancarlo Cancelleri ai Trasporti (in quota Sicilia rimasta senza ministri), Alessandra Todde allo Sviluppo economico (benedetta da Luigi Di Maio), Manlio Di Stefano agli Esteri (idem coma prima), Pierpaolo Sileri alla Salute, Laura Castelli all'Economia, voluta da tutto il gruppo e non solo dal ministro degli Esteri. Ballano ancora Carlo Sibilia agli Interni (nonostante le contumelie contro Draghi, poi cancellate dai social).

New entry grilline: Rossella Accoto al Lavoro, Dalila Nesci (Sud), Anna Macina (Giustizia), Barbara Floridia (Istruzione, spruzzata di Rousseau) e Ilaria Fontana (Ambiente). I grandi esclusi portano i nomi di Stefano Buffagni, draghiano della prima ora, ma anche Angelo Tofalo, che del ministero della Difesa fu sottosegretario e strenuo difensore (con tanto di foto armato di mitra). Non è della partita nemmeno Vito Crimi, che è stato nel Conte II viceministro dell’Interno, ma che avendo condotto le trattative ha fatto subito un passo indietro. Fuori anche Turco, che fu sottosegretario contianissimo.

Per la Lega, questa volta Salvini pareggia i conti rispetto ai ministri. Ecco dunque le truppe del Capitano: ci sono ritorno di Claudio Durigon (Mef) e di  Gian Marco Centinaio (Politiche agricole), Rossano Sasso (Istruzione), Lucia Borgonzoni (cultura), Tiziana Nisini (Lavoro), Vannia Gava (Ambiente), Alessandro Morelli (Mit) e Stefania Pucciarelli (Difesa). La novità è la scelta di Nicola Molteni, il co-firmatario dei decreti anti-immigrazione, che torna agli Interni. 
   

Nel Pd, dopo la bufera sulla mancanza di donne nella squadra di governo, ecco la compensazione. Anna Ascani passa al Mise, Simona Malpezzi resta ai Rapporti col Parlamento. Assuntela Messina, in quota Michele Emiliano. Zingaretti ottiene invece che Alessandra Sartore, la sua assessora in regione Lazio, vada al Mef. Confermato Enzo Amendola , voluto da Draghi, ai Rapporti con l’Ue.
 

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