L'intervista

Serracchiani: "Zingaretti non rinunci alla collegialità. Renzi ha fatto cose buone"

Il congresso, il ruolo delle donne, il bivio del segretario

Carmelo Caruso

"Serve un congresso ma non dividiamoci sempre su identità. Zingaretti tenga il Pd unito. Orlando non serve che si dimetta. La stagione di Renzi è stata riformista. Non va fatta caricatura". Parla Debora Serracchiani, tra le possibili vicesegretarie del partito

Roma. Scacciamo subito l’ansia da notizia. Debora Serracchiani, sarà lei la prossima vicesegretaria del Pd? “Il mio nome circola sempre e in qualsiasi circostanza. Mi fa piacere ma qui l’unica buona notizia è un’altra. C’è la voglia di allargare alle donne la segreteria. E’ un tema politico e non solamente una rivendicazione femminile. Non è il posto che una donna avrà nell’esecutivo del Pd a essere rilevante, ma il posto che il paese vuole dare alle donne a essere decisivo”. Dicono che Nicola Zingaretti voglia dare quel “posto” a una donna della minoranza, forse a una donna di Base Riformista, o forse fare di testa sua e assegnare l’incarico a una donna della sua area. In questo partito è esplosa anche la geografia. Lei è di Base Riformista o appartiene a un’altra nazionalità interna? “Io ho una mia autonomia. All’ultimo congresso ho votato Maurizio Martina. Come vede, finiamo sempre a parlare di correnti e a trascurare il mondo che ci gira intorno. Con il governo Draghi è cambiato tutto e ho come l’impressione che il partito non lo abbia ancora compreso”.

 

I militanti come dovrebbero comprendere questa voglia di congresso Pd agitata dai sindaci come Dario Nardella, Giorgio Gori, afferrata da Zingaretti, promessa da Goffredo Bettini? Cercate di prendervi la scena ora che siete fuori dalla scena, alleati di un governo istituzionale addirittura con gli arcinemici della Lega? E’ un modo per distrarli? Dice Serracchiani: “Non nascondiamoci. Con la fine del governo Conte II e la mancata nascita del Conte Ter, il Pd deve prendere atto che buona parte della sua strategia è venuta meno. Il partito deve capire che posizione avere al governo. Deve ricollocarsi. Deve sostenere questo governo ma senza imbarazzi. Più che un congresso, ci serve discutere sulla nuova agenda del Pd per stare al governo da protagonisti. Un’agenda verde, sostenibile, del lavoro, diversa da quella del 2018. Attenzione, non chiedo un dibattito sull’identità. Non possiamo rimettere continuamente in discussione la natura del Pd”.

 

Tutti chiedono qualcosa a Zingaretti, lei vuole un “congresso a tesi” che è un “non congresso”? Cosa risponde?  “Ci sono state forti critiche nei confronti del segretario. E’ vero. Per il Pd, questo governo, sarà una delle sfide più complesse della sua storia. Zingaretti deve accompagnare il partito in questo difficile momento”. Raccontano che, da segretario, vorrebbe tanto rinunciare all’unità. Bastonato ma almeno decidendo. Sarebbe un altro Zingaretti. E se lo facesse? Se rinunciasse alla collegialità? Cosa accadrebbe? “Sarebbe un errore. Zingaretti è prima di tutto un bravo amministratore e sa che la collegialità è indispensabile per avere un consenso largo”.

 

Passiamo al vice. Andrea Orlando non si dimetterà. Per Debora Serracchiani va bene così o non va bene per niente?“E’ la spalla di Zingaretti ed è una valutazione che deve fare il segretario. Non mi meraviglierei se Orlando rimanesse al suo posto. Anzi”. E’ stata vicesegretaria di Renzi. E’ una colpa della storia essere ex renziani? Si vuole pentire? “Archiviare il renzismo in questo modo è un errore. Se ne fa una caricatura. E’ stata una stagione anche carica di sbagli ma sicuramente riformista. Non credo vada dimenticata. Vedo che molti compagni di partito vengono definiti ex renziani. Etichettare ex di qualcuno altro è antistorico. Ormai pure la magistratura più alta ci esorta a cambiare regole: i figli devono poter avere il cognome della madre”. Arriveranno quindi gli ex Serracchiani? “Spero per tutti di no. E lo dico con un sorriso”.

 

Di più su questi argomenti:
  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio