Non è solo una questione di fila

Cosa ci insegna la bellissima foto di Mattarella allo Spallanzani

Il lavoro che serve all'Italia contro la cultura anti casta

Claudio Cerasa

Perché la grande immagine del capo dello stato, “in fila come gli altri”, ci ricorda un altro vaccino che manca all’Italia: contro l’uno vale uno

Le prime pagine dei giornali di oggi, con ogni probabilità, dedicheranno ampio spazio a una foto molto potente diffusa ieri mattina dal Quirinale. La foto è quella che avrete visto anche voi: l’immagine del presidente della Repubblica seduto sereno in uno stanzone anonimo dell’ospedale Spallanzani di Roma mentre, in mezzo ad altre persone della sua età, attende con pazienza la prima dose del suo vaccino. Il capo dello stato aveva annunciato già mesi fa la sua intenzione di volersi vaccinare “solo dopo le categorie a rischio maggiore, che debbono avere la precedenza” e non c’è dubbio che le tempistiche scelte da Sergio Mattarella per ricevere il vaccino siano state dettate dalla volontà di far passare un messaggio importante, finalizzato unicamente a dimostrare che vaccinarsi deve essere un diritto e non un privilegio. Eppure, nello stesso istante in cui ci si ferma un attimo a osservare la potenza di quell’immagine, non si può non notare un altro dettaglio molto importante di quella foto. Che non ha a che fare con il soggetto (cioè Mattarella) bensì con i fruitori di quell’immagine (cioè i cittadini), molti dei quali saranno probabilmente portati a considerare come doveroso vedere il capo dello stato mettersi in fila come tutti gli altri, aspettare il proprio momento come tutti gli altri, attendere il proprio turno come tutti gli altri, andare in ospedale come tutti gli altri e, in definitiva, comportarsi come se fosse un cittadino come tutti gli altri.

 

Ci si pensa un attimo, ci si riflette un secondo e un minuto dopo essersi giustamente commossi per ciò che significa quell’immagine di Mattarella allo Spallanzani (le file si rispettano, la pandemia si può affrontare anche con normalità, il diritto alla salute è un diritto per tutti) non si può non prendere atto di un fatto che dovrebbe preoccupare chiunque abbia a cuore i princìpi non negoziabili di una democrazia desiderosa di difendere con i denti le sue istituzioni. Un fatto che naturalmente non riguarda il capo dello stato ma riguarda una sfumatura diversa e una consapevolezza precisa: l’idea di vivere in un paese che dopo aver trasformato la difesa delle prerogative delle istituzioni in difesa dei privilegi della casta è arrivato al punto di considerare doveroso che il presidente della Repubblica si comporti come se fosse una persona come le altre. Servirebbe qualcuno disposto a dire che non è così. Qualcuno che spieghi che proteggere – anche con un vaccino – le istituzioni che difendono la democrazia significa difendere la stessa democrazia. Qualcuno disposto a ricordare che la politica dell’uno vale uno ha contribuito in modo doloso a creare un’illusione pericolosa in base alla quale le istituzioni degne sembrano essere quelle che si avvicinano al popolo e non quelle che provano a guidarlo. Qualcuno disposto a ricordare che una democrazia sana è anche quella che, come da celebre definizione di uno storico costituzionalista inglese di nome Erskine May, considera le prerogative di coloro che rappresentano le nostre istituzioni non come la somma di inaccettabili privilegi ma come “la somma dei diritti di cui dispongono collettivamente gli eletti per essere in condizione di esercitare le proprie funzioni”.

 

La foto di Mattarella, mentre aspetta il turno per vaccinarsi, è dunque iconicamente bellissima. Ma un paese costretto a considerare, anche solo per un istante, il presidente della Repubblica come una persona come tutte le altre, e che non si accorge di questa assurdità, è un paese che ha ancora molto lavoro da fare per sradicare fino in fondo la vecchia cultura anti casta.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.