Evviva Zagrebelsky
Il prof. torna in difesa della Costituzione (ora contro Draghi). Rassicurante revival
Si sciolgono i ghiacciai, arrivano le pandemie, la Nasa sbarca su Marte, il principe Harry viene privato del titolo, c’è persino Beppe Grillo al governo con lo Psiconano (che intanto ha pure dichiarato di tifare un po’ per l’Inter). Insomma viviamo contropiedi e spiazzamenti continui. Ma proprio quando ormai pensavamo d’aver perso la bussola, ecco che da un fondo remoto torna qualcosa di fidato e rassicurante: un appello di Gustavo Zagrebelsky in difesa della democrazia e della Costituzione.
Consentendoci finalmente di poggiare i piedi su un pezzo di terra ferma, su qualcosa di solido e di conosciuto, il Professore, assieme a Sandra Bonsanti (in gran forma: ieri di appelli ne ha firmati addirittura due, non solo quello sul Fatto ma uno pure su Domani), è ritornato in campo con un magnifico arsenale di proverbi per portare finalmente a Norimberga Mario Draghi. Proprio lì dove un tempo – e che tempo: più di trent’anni – si dovevano trascinare prima Silvio Berlusconi e poi Matteo Renzi.
Ci s’era d’altra parte preoccupati nel vederlo sparire, e anzi nel sentirgli dire che gli appelli di certi malfidati giuristi suoi colleghi, quelli che per intendersi se la prendevano con Giuseppe Conte e con i dpcm, erano “sbagliati”, “esagerati”, “strumentali” e che insomma “la Costituzione sta benissimo”. Ma de che? La Costituzione non sta benissimo. E’ sempre in pericolo, viva Iddio. E lo ha scritto ieri, il Professore. Finalmente. Ringaluzzitissimo (e noi con lui). Come negare che adesso con Draghi c’è “preoccupazione democratica”, “totale assenza di una opposizione parlamentare”, e che insomma “si intravede il rischio di altri uomini forti”, all’interno poi – vogliamo dirlo? – di “un sistema di potere che promana dall’alto e non tollera opposizioni” e che in ultima istanza potrebbe portare alla “sistemazione oligarchica delle forme democratiche”. Ecco. Come negare?
Così, in un lampo, il ritorno di Zagrebelsky, il ritorno degli appelli di Libertà e Giustizia, ci riporta al tempo felice della normalità e delle certezze, della solidarietà di cordata appesa a valori che dondolano come caciocavalli, con Lorenza Carlassare, Paul Ginsborg e tutto il girotondo. Purtroppo manca Repubblica, nel frattempo passata a John Elkann, ma ci giunge voce che almeno riaprirà Micromega, con Paolo Flores D’Arcais. E dunque: vai. Si torna normali. Stavolta sul serio. Appelli su appelli. Appelli a garganella. Appelli come se non ci fosse un domani. E vale forse qui la penna di ricordare che una volta questa simpatica squadra di canonici – nel senso di detentori del canone – s’impegnò pure nella produzione di un appello contro l’appello (inteso come secondo grado di giudizio nel processo penale). Per un attimo si ebbe il timore che l’inesausta appellite andasse indebolendosi. Ma fu solo un attimo. Per fortuna. D’altra parte, incrociando la parola “Zagrebelsky” con la parola “appello”, Google oggi ci restituisce centocinquantaremila risultati. Certamente non esaustivi degli sforzi pluridecennali del Professore e dei suoi colleghi. Ma comunque significativi.
Senza nessuna pretesa di completezza, da un’indagine appena superficiale consentita dagli odierni strumenti della tecnologia digitale risulta - a uso dei posteri e degli statistici -che in questi centocinquantremila risultati la parola “costituzione” ricorra centoottomila volte, superata da “democrazia” (centodiecimila), “deriva” (centoquarantaseimila), “fascismo” (centoquarantacinquemila). E questo invariabilmente, nello spazio e nel tempo, dal Cavaliere Egoarca al Ducetto fiorentino, passando ovviamente per Monti e ora per Draghi. Da segnalare tuttavia che “antifascismo” si attesta sorprendentemente ad appena cinquantatremila ripetizioni, mentre in compenso la parola “basta” compare ben duecentoventinovemila volte concorrendo così, con qualche margine da concedersi all’errore, al titolo di parola preferita dal Prof. Dunque: basta!
E che nessuno venga a dire che si tratta di un insieme di cose già sentite, già lette, già viste, insomma d’un intreccio di repertorio o di un revival (brutta espressione imparentata con dissotterramenti, zombie e fantasmi). Tutto ciò è semmai vintage, ecco. Vintage. Come la polaroid, come il giradischi, come le bretelle, come la ricetta del pane, come le Superga o i jeans Carrera. In pratica la vecchia soffitta dove riscopri le certezze che credevi fossero perdute. Zagrebelsky va ringraziato, e indossato.