ANSA / ETTORE FERRARI

Adesso al Pd serve un po' di sangue e merda

Giuliano Ferrara

Per esercitare la propria autorità, caro Letta, l’autorevolezza è meglio perderla che sprecarla

Autorevole fa un po’ ridere, e questo dispiace. Dico che fa un po’ ridere riferendomi al gergo encomiastico leggero, andante, italiano. Un paese senza gravitas e senza auctoritas spesso sceglie con “autorevole” un termine inficiato da un sostrato di vanità. Una parola che rischia di confinare con vuoto, pensoso, atteggiato alla serietà, ricolmo di senso di responsabilità verso gli altri fino al punto di voler ricordare sempre sé stesso, la propria, appunto, autorevolezza, identità non modernista di forma e funzione, può essere autorevole anche un capo di abbigliamento, un ninnolo, una foto in cornice, l’angolo di una palazzina. Un critico autorevole per esempio è spesso solo un critico noioso, Manganelli non è mai autorevole, si sforza di evitarlo. Ho conosciuto nella mia vita italiana cani molto autorevoli, che si voltavano dall’altra parte e si concentravano come a scrivere un loro diario intimo. Però, detto all’ingrosso, specie se dagli impiegati del giornalismo così così, autorevole suscita ilarità, un’ilarità compassata, forse autorevole, ma sempre ilarità.

 

Il Codice penale è autoritativo, fa autorità, ma non è autorevole. Gli autoritari non sono per definizione autorevoli, cercano di essere obbediti con ogni mezzo, lecito e illecito, perché non godono di perfetta e spontanea autorità. Si potrebbe andare avanti a lungo, fatto è che sconsigliamo a un Enrico Letta di tirarsela da autorevole, nonostante il diluvio di aggettivazione che gli è stato prontamente comminato in quanto ex, in quanto prof, in quanto esiliato che ritorna cincinnatescamente. Letta nipote ha delle qualità evidenti, che ha speso male in politica, fallendo mosciamente la battaglia, buona o cattiva non si è mai saputo, contro Renzi, che con Berlusconi e Craxi, suoi predecessori scattanti e turbolenti, non ha mai condiviso lo stigma austero dell’autorevolezza (e ora forse esagera nella prestazione). Fossi in lui, ci metterei un po’ di sangue e anche un po’ di merda, per dirla con Rino Formica autorevolissimo novantenne, nell’impresa di mettersi alla testa di un partito smarrito nella falsa autorevolezza, un partito a cui si è in diritto di tenere, trattandosi dell’ultimo costituzionale, di un residuato del meglio della storia italiana, il Pci e la Dc.

 

Voglio dire che la patina del politologo, il precedente del rancore alla campanella e dell’alzata di spalle Lungosenna di fronte alla durezza della lotta, tutto questo rende poco autorevole in principio un’avventura che ci guadagnerebbe da toni nuovi. Mi piace immaginare che il nuovo segretario del Pd non si impantani subito nel gioco dei simboli soliti, nell’ordine del luogo comune da Legion d’onore, e che invece di cercare onorificenze e sigari da cavaliere affronti di petto il tremendo bisogno di discutere e di decidere qualcosa di sensato, nel bel mezzo di uno scontro all’arma bianca e di una denuncia veritativa delle responsabilità proprie e altrui, di un partito che è riuscito già una volta a governare bene e a uscire con le ossa rotte da una campagna elettorale, e promette di ricascarci, ieri con Renzi e Gentiloni Silveri, oggi con Draghi. Gli auguro insomma di esercitare la sua autorità con l’idea poco autorevole che è meglio perderla che sprecarla.

 

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.