La dad del Pd incorona Enrico Letta segretario
Nell'Assemblea da remoto, la più inusuale delle investiture all'ex premier. Il discorso che tiene insieme i giovani e le alleanze politiche. Le citazioni e gli occhiali appannati. Cosa rimarrà di questo giorno
Come prima istantanea della segreteria di Enrico Letta si ricorderanno i suoi occhiali, le lenti appannate, mentre cerca di mantenere in equilibrio il cesto in vimini contenente diverse specie di fiori policromi che gli hanno appena regalato la presidente Valentina Cuppi, le vice segretarie reggenti Debora Serracchiani e Anna Ascani. Una riscossa di genere (scenica) dopo il condimento di polemiche che aveva accompagnato la nascita del governo Draghi. L'Assemblea dei 1021 delegati, radunati su Zoom (si indovina un Andrea Marcucci in maniche di camicia, una Valeria Fedeli col solito riccio amaranto in primo piano, scorci di salotto alle spalle di Assuntela Messina) ha appena certificato l'ovvio: l'unica candidatura presentatasi all'Assemblea nazionale per concorrere alla carica di segretario riceve la vidimazione formale: 860 sì, 2 contrari, 4 astenuti.
Poco prima, per oltre un'ora, c'era stata la prolusione lettiana. A partire dal ringraziamento nei confronti di Nicola Zingaretti, "con cui mi lega una lunga e sincera amicizia. Faremo tante cose insieme e lavoreremo bene". Per poi passare a un elenco ("un vademecum") di proposte che il nuovo segretario in persona si incaricherà di sottoporre alla comunità del Pd con un tour di 2 settimane nei circoli locali. "La caduta della pandemia avrà lo stesso effetto, nello sprigionare energia, della caduta del muro di Berlino. Noi abbiamo il dovere come Partito democratico di esserci, non guardando al nostro ombelico. L'entusiasmo che nascerà è l'entusiasmo della vita che vince", dice con suddetto entusiasmo.
E nel progredire dell'intervento convivono appelli ideali e preoccupazioni contingenti. "La nostra politica deve mettere insieme l'anima e il cacciavite. Abbiamo bisogno di sapere qual è la vite da girare perché l'anima del partito funzioni. Penso che dobbiamo essere progressisti nei valori, riformisti nel metodo e avere una radicalità nei comportamenti. Io oggi mi candido come nuovo segretario del Pd ma so che non vi serve un nuovo segretario, bensì un nuovo Pd, un partito con le porte aperte a tutti". Ecco quindi il nuovo imperativo: "Il Pd deve essere il partito dei giovani. Scuola e università saranno il centro del nuovo progetto". Partendo dalla disparità di genere, dal lavoro e dal tema della sostenibilità, tutte keyword che trovano spazio nel discorso. (Finanche lo ius soli. Tanto è bastato perché Salvini sbottasse: "Parte subito male").
A un certo punto, quando sta per citare Beniamino Andreatta (dopo aver messo insieme gli Scorpions di "Wind of change", un passo di Jean-Paul Sartre, le maschere di Luigi Pirandello, uno spettacolo di Gabriele Lavia, un articolo di Gianfranco Pasquino e un commento di Romano Prodi) l'audio dello streaming sfarfalla. Una ventina di secondi si perdono così: quante volte gli sarà capitato nelle lezioni in dad della Scuole di Politiche o a Science Pò? E certo anche nei passaggi in cui invoca una ricostruzione del centrosinistra ("chiamerò tutti, da Roberto Speranza, a Carlo Calenda, Emma Bonino, Matteo Renzi"), chiarisce quali sono le basi per un'alleanza con i Cinque stelle ("andremo al confronto con Giuseppe Conte con rispetto e apprensione"), a partire da un ripensamento della propria identità ("se diventiamo il partito del potere, moriamo"), la mancanza di un contesto sonoro, di applausi, pause, modulazioni della voce, strette di mano (sostituite da gomitate gentili) iscrive il dettato a modulo accademico, che uno si può andare a rivedere quando vuole, postdatando le impressioni. Il confronto con i palchi di Veltroni, Bersani, Renzi, pescati da un immaginario artificiale perché troppo diverso, non regge: ci passa la stessa distanza che c'è tra un concerto e il live in un videogioco. "Non ho lasciato i miei impegni per condurvi verso una sconfitta", conclude. Ma la reazione è il plauso ovattato di tre persone. La standing ovation (da seduti) al tempo della pandemia.