il retroscena

La baruffa sotto gli occhi della Cartabia. Così la maggioranza sbanda sulla giustizia

Gli emendamenti del calendiano Costa e del radicale Magi sul rispetto delle tutele degli indagati. Tanto basta per mandare in fibrillazione il M5s. Lo scontro D'Incà-Boschi. Esull'Italia pende il rischio della procedura d'infrazione dell'Ue

Valerio Valentini

Intorno allo stesso tavolo virtuale la Guardasigilli, Amendola e D'Incà. Nelle legge di delegazione europea i centristi chiedono d'inserire la presunzione d'innocenza. Il M5s sente puzza di prescrizione. La Boschi tiene la linea dura. L'accordo non c'è

Che il provvedimento si portasse dietro come un’aura di scalogna, lo si era già capito: perché il giorno che doveva approvare in Aula a Montecitorio, fu la stessa in cui Matteo Renzi decise di ritirare le ministre di Iv, sancendo l'inizio della fine del BisConte. Ma nessuno avrebbe detto che le tribolazioni del nuovo governo sarebbero ripartite  da lì, dalla legge di delegazione europea che in verità dovrebbe essere quasi un atto indolore.

 

E invece stamattina, dopo una riunione che ha coinvolto tutta la maggioranza, Marta Cartabia non ha potuto far altro che congedarsi dalla videcall con una mossa un po’  pilatesca, per evitare lo strappo. “Formulerò una mia proposta sul tema - ha detto la Guardasigilli - quando sarà maturato un accordo di maggioranza”. Solo che l’accordo stenta a maturare perché il tema in questione è  il più scivoloso di tutti: la giustizia. E sì, nella legge di delegazione europea, quella  con cui il Parlamento recepisce le direttive comunitarie avviando, ci finisce pure la giustizia. In particolare ci finiscono tre emendamenti firmati da Enrico Costa di Azione e dal radicale Riccardo Magi che, in sostanza, chiedono di recepire delle direttive  volte a garantire le tutele degli indagati riconoscendo  il principio della presunzione di innocenza. Banalità, si dirà. E però anche in quelle banalità la grillina Carla Giuliano, collegata su Zoom, c’intravede un di più del maligno, la porta che si spalanca sulla revisione della prescrizione. E si mette di traverso.

 

Il Pd asseconda. “Noi siamo  d’accordo nel merito degli emendamenti”, spiega il dem Piero De Luca, “ma sarebbe più logico trattare questi temi in una riforma organica della giustizia”. Enzo Amendola, responsabile dei rapporti con Bruxelles, rammenta le scadenze europee: se non si recepiscono entro giugno alcune delle direttive contenute nella legge, si rischia di finire in procedura d’infrazione. “E se si modifica anche solo una virgola del testo, bisognerà rimandarlo al Senato per una terza lettura”, scandisce il ministro Federico D’Incà, che quando vede Maria Elena Boschi sposare la linea dura di Costa, propone allora d’incardinare il prima possibile la  proposta di legge della renziana Anna Annibali, sulla riforma della giustizia. “Un baratto inaccettabile”, lo fulmina la capogruppo di Iv. “Se questo governo ha dubbi sulla presunzione d’innocenza, comincio a nutrire dubbi sul governo”, sibila Costa: che non ritira i suoi emendamenti. Ed è qui che la riunione s’interrompe. Bisognerà trovare un compromesso, e farlo in fretta. Se ne riparla martedì prossimo. E fino ad allora, la Cartabia rimarrà offline.

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.