Il retroscena

Letta e Conte, i "grandi offesi" si incontrano: "Caro Enrico, scegli: o me o Renzi"

Per il nuovo corso del Nazareno prima grana con il capogruppo Andrea Marcucci: "Pago l'amicizia con Matteo". Giovedì il voto dei senatori

Simone Canettieri

Il segretario del Pd vede l'ex premier, pronto all'alleanza organica a patto che non ci sia Italia viva, nemmeno alle prossime comunali

Sono i Grandi offesi. Ma entrambi, dopo il trattamento Renzi, giurano di essere diventati cinici. Per Enrico Letta lo dice la cronaca, per Giuseppe Conte si vedrà. Oggi i due ex premier rottamati si vedono. E il futuro leader M5s ribadirà al segretario Pd: “O me o Renzi”. Sarà il secondo crash test per Letta, dopo quello di ieri con il capogruppo Andrea Marcucci: “Anni fa, al Polo nord, camminando su un deserto di ghiaccio, incontrai una capanna. Ma appena vi entrai mi sentii subito riscaldato. Sul muro c’era scritto: Pisa merda”, scherzava Marcucci in attesa del suo segretario (pisano).

La questione del campanile l’ha buttata là, con altri toni, anche Letta dopo essersi chiuso in stanza trenta minuti con il capogruppo di Barga (Garfagnana) che non vuole dimettersi: “Tra lucchesi e pisani si trova sempre un’intesa”. Insomma.

La vicenda dei senatori ha tenuto banco per tutta la giornata, e non è stata una passeggiata per il segretario Pd come quella avuta in mattinata alla Camera. Con Graziano Delrio pronto a fare il passo indietro in virtù dell’equilibrio di genere (“ho cinque figlie femmine”) per cedere lo scettro probabilmente a Debora Serracchiani (si vota la prossima settimana). 

 

No, in Senato non è andata così: Marcucci per ore ha fatto balenare l’ipotesi della sfida, della resistenza, del contiamoci. Stracciando il velo delle quote rosa con ragionamenti efficaci: “Non mi sembra che il Pd abbia mai avuto segretari donna o che i nostri candidati nelle otto principali città al voto in autunno siano donne. Dalle interviste colgo atteggiamenti revanscisti perché sono amico di Renzi”. 

Un clima da resa dei conti che ha visto in campo la mediazione di tutta la corrente di Base riformista, maggioranza nel gruppo a Palazzo Madama, per evitare (o forse solo rimandare) il frontale. “La battaglia è giusta, ma non possiamo essere additati come quelli delle correnti e di Base maschilista: ne usciremmo a pezzi”, sono stati i ragionamenti di Alessandro Alfieri (braccio destro di Lorenzo Guerini) e Luca Lotti, avvistato in Senato.

Una moral suasion che ha fatto passare a Marcucci la voglia di convocare subito un seggio elettorale per chiedere il voto ai senatori, prendendosi ventiquattro ore e dando appuntamento alle urne per domani. Se Marcucci si farà da parte si potrà trovare un accordo su Simona Malpezzi, attuale sottosegretaria ai Rapporti con il Parlamento che però dovrebbe dimettersi dal governo, sempre in quota Br.  

Domani il responso, dunque. 

Anche se il sospetto che sia un pizzico di rancore per gli ex renziani a muovere una parte dell’azione innovatrice di Letta non ha abbandonato Marcucci.  

   

In questo contesto di cicatrici più o meno emarginate si inserisce il faccia a faccia tra Conte e Letta. L’Avvocato del popolo non dovrebbe varcare la porta del Nazareno, anche se in tempi non remoti fu proprio l’ex segretario del Pd Nicola Zingaretti a indicarlo come “fortissimo riferimento di tutte le forze progressiste”.

Probabile che l’incontro si svolga in una residenza privata. Per Conte si tratterà della prima uscita dopo la lectio magistralis a Firenze, quando diceva di essere tornato all’università. Il suo progetto con i 5 Stelle continua a non decollare viste le resistenze di Davide Casaleggio a concedere il voto su Rousseau per cambiare lo statuto. Motivo per cui  l’ipotesi di finire in tribunale sembra essere abbastanza concreta. Un contesto che pesa non poco sulle ambizioni di Conte, costretto a rimandare a dopo Pasqua il lancio della sua nuova creatura (nuovo nome, nuovo simbolo: lui segretario, Beppe Grillo presidente).

Ma su un punto è intenzionato a non cedere: “In vista delle prossime comunali noi non faremo alleanze con Italia viva in nessuna città. Idem alle politiche, quando ci saranno”. Un messaggio che Letta ha ben chiaro. Tanto che finora il segretario del Pd ha incontrato tutti eccetto Matteo Renzi.
 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.