Vaccini e regioni
Draghi contro le furbizie regionali. Un piano per riaprire le scuole
La trasparenza dei dati per responsabilizzare le regioni
La severità di Draghi contro le regioni che hanno vaccinato categorie professionali. Attenzione per gli over 70. La volonta di riaprire le scuole ma con prudenza. Il modello "Bolzano" per riportare studenti in sicurezza: test due volte a settimana e tende mediche
Roma. Ha pronunciato la parola “riaperture”, ricordato che la scuola è la sua prima urgenza, ragionato di vaccini e politica estera. E’ stato un discorso “mondo”. Mario Draghi non ha avuto bisogno di urlare contro la vaccinazione come arbitrio di poche regioni perché tutta la dolce severità era contenuta in una frase. Questa: “Mentre alcune regioni seguono le disposizioni del Ministero della Salute, altre trascurano i loro anziani in favore di gruppi che vantano priorità probabilmente in base a qualche forza contrattuale”.
Significa che si crede nello spirito di collaborazione, ma che le regioni devono adesso uniformarsi al piano vaccinale. Il governo conosce le sue prerogative. Non le agita. Le ricorda. Nel suo discorso alle Camere, per preparare la partecipazione al Consiglio Europeo, Draghi ha anticipato che si farà di tutto per aprire asili e scuole fino alla terza media dopo Pasqua. C’è un piano allo studio. Una tenda medica per ogni istituto, tamponi rapidi prima dell’ingresso in classe. Ieri mattina, quando il presidente ha preso la parola di fronte ai senatori, si attendeva un richiamo alle regioni che, si ripete, non sono tutte indietro, non saranno lasciate sole, ma che non possono più usare criteri solitari.
La priorità è semplice: fasce d’età e fragilità. L’attenzione del governo, nei prossimi giorni, si concentrerà infatti sugli over 70. Non si accetteranno le vaccinazioni discrezionali per categoria professionali. Il governo le ritiene strascichi del primo piano vaccinale che lasciava margini. Ma quella fase è stata superata. Sbaglia chi pensa che Draghi ieri volesse castigare Lombardia o Toscana. Ha fatto qualcosa di più.
Se il presidente Eugenio Giani non si sentiva redarguito da quel passaggio perché ha sentito il bisogno, nel pomeriggio, di precisare ai giornalisti: “Il premier non si riferiva alla Toscana?”. Si sono difese anche Calabria, Sicilia, Sardegna che sono quelle con i numeri più bassi di vaccinati e per questo già aiutate dai tecnici del generale Figliuolo. Non devono temere di finire commissariate, ma preoccuparsi del giudizio che daranno i singoli cittadini. La decisione di pubblicare ogni settimana i dati delle vaccinazioni, regione per regione, sul sito di Palazzo Chigi, risponde a questa volontà. Non è solo un modo per contabilizzare i vaccinati ma per “responsabilizzare le regioni”.
La trasparenza racconterà i ritardi e le eccellenze. Episodi come quello della Sardegna non si devono ripetere. Non ha somministrato il 30 per cento delle dosi. Le ha trattenute perché convinta di non averne a sufficienza per il richiamo. Sono episodi controcanto in una campagna vaccinale che in altre regioni procede e che ha punte notevoli. Nel Lazio, Nicola Zingaretti, ha annunciato che da venerdì, nell’hub di Fiumicino, si vaccinerà fino alle ore 24. A Torino, il parcheggio dell’Allianz Stadium diventa linea vaccinale. C’è la struttura di Figliuolo che avrà il compito di disaggregare i dati regionali e vigilare sulla qualità. Non sarà solo importante comprendere il numero delle vaccinazioni, ma controllare che venga rispettato il criterio anagrafico. Ieri intanto è stata comunicato il numero complessivo di dosi approvvigionate da marzo alle regioni: 4.7 milioni.
In un question time che li ha visti protagonisti, insieme, sia il ministro della Sanità, Roberto Speranza, che il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, hanno rispettivamente avvisato che le “regole nazionali valgono erga omnes” e che sulla scuola c’è il grande impegno a riaprirla. Dati scientifici dovrebbero nelle prossime ore dimostrare che il contagio a scuola, tanto più negli asili e nelle scuole primarie, se c’è, e anche questo non è ancora confermato, è basso. Ed è chiaro che solo con il parere del Cts e dell’Iss sarà possibile programmare un rientro. E lo si sta facendo. Per riportare in classe servirà per prima cosa un grande screening.
Si devono sottoporre a un test rapido insegnanti e studenti. Nel Dl Sostegni erano già state individuate risorse, oltre 150 milioni. Si osservano due modelli che sono buoni modelli: quello inglese e quello adottato a Bolzano e già descritto dal Foglio. Prevede uno sforzo economico importante, ma non costa forse sempre meno rispetto ai bonus baby sitter, senza tener conto dei guasti che la mancata presenza in aula sta provocando sulla salute degli studenti? Le scuole si potrebbero riaprire ed effettuare test rapidi due volte a settimana. Grazie alla struttura di Figliuolo si potrebbero coinvolgere volontari della Protezione Civile, della Croce Rossa e impiantare a ogni ingresso una struttura mobile. Una tenda. Anche l’immagine data sarebbe importante e rassicurante.
Lo si potrebbe fare coinvolgendo sindaci, assessori all’Istruzione. Rientra sempre nell’idea di “fiducia” e di “sincera collaborazione fra stato e regioni, in nome dell’unità d’Italia perché solo così il successo sarà pieno”. Erano i pensieri che ieri Draghi ha condiviso in una videoconferenza con il presidente Sergio Mattarella. Dicono che quando parla di scuola, Draghi senta tutta la gravità: “E’ doloroso averle chiuse”. E’ corretto dire che si riaprirà ma solo “con dati di contagio rassicuranti”. Peggio di una chiusura dolorosa c’è solo una riapertura sull’onda dell’emozione. Se avverrà, e davvero Draghi si augura avvenga, dovrà essere prudente e impeccabile.