Le condizioni di Draghi per il Certificato verde digitale europeo
L'obiettivo sarà rilasciare il pass entro tre mesi. Ma la libertà di movimento dovra andare di pari passo con privacy e salute
In vista del Consiglio europeo del 25 e 26 marzo, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha presentato al Senato le dichiarazioni programmatiche del governo con la chiara volontà di un pieno coinvolgimento del Parlamento sui principali temi che saranno al centro dell’attenzione del vertice. Le issues sono principalmente tre: la risposta alla pandemia di Covid-19; l’economia e la digitalizzazione nell’Unione europea (l’azione sul mercato unico, la politica industriale e la trasformazione digitale); le relazioni internazionali con la Russia e la situazione nel Mediterraneo orientale. Per quanto riguarda il primo di questi temi, Draghi punta ad accelerare la campagna per raggiungere quanto prima il ritmo di mezzo milione di somministrazioni al giorno, frenando così sia il contagio sia il sorgere di nuove varianti, e per poter arrivare quindi a una situazione che consenta di tornare alla normalità. E mentre la macchina della campagna di vaccinazione va perfezionandosi ogni giorno, Draghi sottolinea come sia “bene cominciare a pensare e a pianificare le riaperture”.
In questo passaggio si riferisce alle misure da adottare subito dopo Pasqua, per aprire però subito dopo a un respiro più ampio che torna a riflettere sulla proposta del Digital Green Certificate – fatta in seno all’Ue lo scorso 17 marzo – quando la Commissione europea ha presentato la proposta di creare uno strumento unitario che potesse essere la premessa utile a una libera e sicura circolazione dei cittadini all’interno degli Stati membri. In poche righe Draghi riassume i concetti chiave che dovranno essere alla base della struttura informatica e d’uso del certificato – che ricordiamo non è un passaporto vero e proprio – auspicandone il varo, come previsto, da qui a tre mesi. Il presidente del Consiglio non perde l’occasione quindi per ribadire come la libertà di movimento dovrà andare “di pari passo con la garanzia della salute (…) senza discriminazioni e nel rispetto della tutela dei dati sensibili dei cittadini europei”. Si tratta di un progetto complesso, come lo stesso premier sottolinea, per il quale “la Commissione dovrà presentare delle linee guida dettagliate, e gli stati membri dovranno essere in grado di renderlo operativo.”
In merito al pass restano però aperte diverse questioni che non potevano esser aperte in questo momento, ma che c’è da augurarsi saranno affrontate dal governo italiano nelle sedi opportune nei prossimi mesi. Nello specifico le linee guida dell’Istituto superiore di Sanità del 13 marzo 2021 – valutando ancora incerti i dati sulla condizione di contagiosità di chi ha superato il Covid o è stato vaccinato – prevedono per tutti i cittadini senza distinzione, il mantenimento di tutte le misure precauzionali attualmente in uso, quali ad esempio, il mantenimento della distanza di due metri ovunque quando si sta senza mascherina (es.: pranzo); la quarantena per chi, pur vaccinato, è stato in contatto con un caso positivo al coronavirus – cosa difficile da escludere a priori fin tanto che la pandemia non sarà stata domata. E questi non sono dettagli da poco soprattutto nell’ottica del rilancio del turismo in Italia, poiché fino a quando le raccomandazioni dell’Iss non subiranno modifiche – in base a nuovi dati – le quarantene in Italia non saranno del tutto escluse solo grazie alla presentazione di una certificazione vaccinale.
Il “certificato verde digitale” oscilla quindi tra la speranza che si possa viaggiare con maggiore libertà – se e quando i dati confermeranno che chi è vaccinato o immunizzato, non possa essere fonte di contagio – e le necessarie precauzioni da adottare nell’attesa della suddetta conferma. Il pass quindi non è un via libera e non allenterà le precauzioni, almeno non subito. In compenso per varie ragioni sarà sicuramente necessario a una gran parte dei cittadini continuare a esibire i risultati del tampone ancora per un lungo periodo, e nonostante i prezzi del singolo test non siano proibitivi, il fatto di doverne fare diversi potrebbe portare chi è in attesa di un vaccino a una condizione di implicita disparità sul lato economico, ed è forse arrivato il momento di ragionare anche su questo.