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Aumenta il pressing per candidare Zingaretti a sindaco di Roma
L'ex segretario continua a smentire ma gli inviti si fanno sempre più insistenti. Orfini: “Tutto il Pd lo vorrebbe”
L’ultima smentita è datata poco più di 24 ore fa. “Si candida a fare il sindaco di Roma?”, hanno chiesto per l’ennesima volta a Nicola Zingaretti. “No, faccio il presidente di Regione e lo sto facendo con tutta la passione possibile”, si è limitato a rispondere lui a favore di telecamera. Quasi tradisse il fastidio di dover subire in pubblico quello a cui da settimane lo costringono nel privato: dover dare conto, cercando ogni volta di sottrarsi con fare garbato, a chi gli chiede una scelta di coraggio. Traslocare dalla Cristoforo Colombo al Campidoglio, dalla semiperiferia al centro storico. Sarebbe d’altronde, secondo coloro che lo circondano e lo consigliano, non un demansionamento ma un rilancio. Il seguito più adatto al grande reset post dimissioni da segretario del Pd rassegnate solo un mese fa.
Tant’è che anche Enrico Letta pare abbia iniziato a chiedersi se sia il caso di cercare di convincerlo. A maggior ragione dopo alcune uscite di suoi fedelissimi come la vicesegretaria Irene Tinagli, che solo ieri ha ribadito come Carlo Calenda avrebbe "l’energia, la capacità il metodo per poter affrontare una sfida" come diventare sindaco. Parole che hanno convinto alcuni dirigenti a far leva su Zingaretti, per sbarazzarsi di una personalità ingombrante come il leader di Azione.
L'altra ratio dietro questa scelta? Sebbene Zingaretti non abbia mai risparmiato critiche alla giunta Raggi, è innegabile che nell’ottica di una convergenza al ballottaggio sarebbe il profilo giusto per raccogliere i voti dei grillini. Viste anche le lodi raccolte da Giuseppe Conte (“ho conosciuto e apprezzato un leader solido e leale”, disse dopo le dimissioni) e Luigi Di Maio (“ho lavorato con lui per mesi, è una persona per bene”), e la convivenza con i Cinque stelle nella giunta regionale del Lazio. Come spiega al Foglio il tesoriere del Pd Walter Verini, “governare Roma non è una passeggiata, c’è bisogno della massima autorevolezza, esperienza e tenacia. Zingaretti ha tutte queste qualità, ma come lui ce le hanno anche David Sassoli e Roberto Gualtieri, a dimostrazione che il Pd ha un’abbondanza di risorse. Mi rimetto a quanto va dicendo in queste settimane, e cioè che completerà l’esperienza in regione fino alla fine del mandato. Ma per la sua storia vincente non ha davvero nulla da dimostrare”.
Verini per altro ricorda che a sei mesi dalle elezioni il Pd non ha ancora deciso se affiderà la scelta dei candidati alle primarie o meno (in tutte le città chiamate al voto). Un’eventuale candidatura unitaria di Zingaretti farebbe decadere definitivamente quest’ipotesi. Per Matteo Orfini l’ex segretario sarebbe la figura perfetta per tentare di ricucire le anime di un partito impegnato in perenni lotte intestine. “Fosse disponibile, sarebbe sicuramente la decisione più forte e autorevole. E tutti nel Pd e nel centrosinistra sarebbero felici di sostenerlo”, dice al Foglio. Lasciando intendere che non è detto che chi come Renzi o Calenda si è mosso autonomamente non possa decidere di sostenerlo. Zinga comunque continua a ostentare disinteresse, a ripetere che la sua preoccupazione è l’avanzamento della campagna vaccinale. Da chi è stato capace di spiazzare tutti dimettendosi senza preavviso, ci si aspettano solo impuntature irreversibili?
L'editoriale dell'elefantino