Fiducia Draghi

Draghi alle regioni: "Riapre prima chi vaccina di più". Ma evita lo scontro contro inadempienti

"Con che coscienza si salta la fila delle vaccinazioni? Priorità over 75"

Carmelo Caruso

Operazione fiducia del premier: cerca di rassicurare su AstraZeneca, sferza i furbetti ma non rompe con le regioni che incontra e che definisce "antenne". Disegnato modello Recovery. Task force per aiutare enti locali

“Con che coscienza si saltano le liste vaccinali? Con che coscienza?”. Mario Draghi ha usato la parola più alta e nobile che ci fosse. Non ha accusato le regioni e anche se ha detto che sta pensando “di impugnare la delibera sulla scuola della regione Puglia” alla fine non la impugnerà per non guastare il clima di collaborazione. Oggi il premier si è presentato  in conferenza stampa e ha ripetuto che “non ha date” ma che solo gli sciocchi possono pensare che il governo non voglia riaprire. Voleva dire che c’è qualcosa che non si può dare ma che grazie alla scienza si può costruire. Era la fiducia che è diversa dallo stordire e che non si produce per decreto. In tutti i modi ha cercato di spiegare, insieme al professore Franco Locatelli, che il vaccino AstraZeneca è “efficace”. 

 

Ha ribadito che la priorità è vaccinare gli over 75 e che è “inaccettabile vedere giovani che tolgono il vaccino ai più fragili”. Ha scelto parole inedite e le ha rivolte alle categorie colpite dalla pandemia: “Io capisco l’alienazione e lo smarrimento di chi protesta”. La promessa più delicata era invece questa: “Regalare Un mese di scuola pieno agli studenti”. Non ha eluso la domanda sulle disparità vaccinali, l’arbitrio delle regioni (“ma la questione riguarda tutti, come lo devo dire, non solo le regioni”). Ci saranno regole più precise come chiedono le regioni che oggi Draghi ha incontrato e con cui ha parlato di Recovery che sarà presentato entro la data fissata. Per una volta non ha voluto introdurre ma ha lasciato la parola ai giornalisti. La sfiducia su AstraZeneca, le riaperture. Questi gli argomenti.

 

La novità è che ci sarà un meccanismo premiante: più le regioni vaccinano e prima riaprono. Si è concesso una parentesi di politica quando ha raccontato che di mattina ha incontrato Pierluigi Bersani e nel pomeriggio Matteo Salvini. Ha lasciato intendere, anzi, più che lasciato intendere, che non fosse casuale. Si è superato in politica estera: “Erdogan? Chiamiamoli dittatori con cui però bisogna collaborare”. Non ha rotto con le regioni come qualcuno sperava. Non è quello il suo metodo. Di pomeriggio le ha incontrate e le ha definite “le nostre antenne”. Gli ha ricordato che le sfide “si vincono collaborando”, che saranno i protagonisti del Pnrr “un piano dalla portata storica”, ma che si “dovrà spendere ma spendere bene”. E c’era infatti tutta la precisione che è la cifra della modernità nel suo definire la struttura che vigilerà sul piano: supervisione politica affidata a un comitato istituito presso la presidenza del Consiglio e con ministri competenti. Le regioni vigileranno sui progetti gestiti dagli enti locali per “assicurare che siano coerenti”. Riceveranno assistenza tecnica per raggiungere gli obiettivi che ha elencato: fibra ottica su tutto il territorio, alta velocità al sud, manutenzione di viadotti, rilancio degli istituti professionali, rigenerazione edilizia. Anche oggi non è stato vago ma non ha neppure venduto paradisi.
 

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  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio