Fratelli di giravolte
Marsilio vaccina i giudici e asfalta il mito meloniano della “coerenza”
Il presidente dell’Abruzzo, fedelissimo della Meloni, fa la stessa scelta di Giani in Toscana, dove i suoi hanno chiesto una commissione d’inchiesta
Questa è una storia su quanto sia facile, in politica, smentire se stessi. Avete presente il caos vaccini in Toscana? La priorità concessa a giudici, avvocati, addirittura giardinieri e cuochi a discapito degli over 80, che poi sono quelli che più patiscono gli effetti del Covid? Ebbene, tutto ciò è stato replicato anche in una delle regioni amministrate dal partito e dalla coalizione che di più hanno osteggiato questa pratica, almeno a parole: Fratelli d’Italia e, a ruota, tutto il centrodestra, compresa la Lega di Salvini.
Il 22 marzo scorso Marco Marsilio, presidente dell’Abruzzo, romano e meloniano di ferro, ha firmato l’ordinanza numero 173, con cui si implementa la fase due del programma vaccinale regionale. Nelle pieghe di questo atto amministrativo, la giunta ha ricompreso con un colpo di mano il “personale operante presso le procure della Repubblica e i tribunali” tra le categorie individuate come target principale a cui destinare le dosi del vaccino anti Covid: insieme a una generalità di altri operatori pubblici come gli insegnanti ancora privi di profilassi o il personale delle Forze armate. Difatti, ai giudici è stata concessa la possibilità di vaccinarsi perché considerati appartenenti alla Polizia giudiziaria. Privilegio concesso anche al personale delle cancellerie. L’unico elemento di novità rispetto alla Toscana è che nell’elenco delle professioni a cui somministrare il vaccino non ci sono gli avvocati. Che non a caso hanno subito espresso – lo ha fatto il Consiglio degli ordini forensi dell’Abruzzo – forti “perplessità per una iniziativa che antepone la tutela di pochi a quella dei più fragili, quali gli anziani ed i portatori di gravi patologie”.
L’Abruzzo viaggia a un ritmo di vaccinazioni più sostenuto della Toscana, e però ha ricevuto un’immunizzazione completa solo il 35,2 per cento degli ultraottantenni. “Ce ne sono molti che aspettano per settimane la chiamata della speranza, anche a causa di una politica sanitaria disattenta, in conflitto con le Asl”, spiega al Foglio Michele Fina, segretario del Pd abruzzese. Tra i primi a denunciare l’ordinanza di Marsilio. Quando venne fuori che alcune regioni avevano inserito le toghe nella lista delle vaccinazioni prioritarie, FdI fu tra coloro che cavalcarono l’indignazione collettiva, rilanciando anche i rimbrotti del premier Draghi. Il consigliere regionale Francesco Torselli ha addirittura presentato un esposto alla procura di Firenze e chiesto una commissione d’inchiesta. Com’è possibile che quello stesso partito, guidato da una leader che ha fatto della “coerenza” la propria ossessione, sia stato artefice di una giravolta così ardita? “Non so se abbia subìto le pressioni dei magistrati. Però posso dire che Marsilio fa tutto quello che gli dice di fare la Meloni”, aggiunge ancora Fina. “La contraddizione è saltata agli occhi di tutti. Se basta far parte di alcune categorie speciali per saltare la fila, le istituzioni ne escono distrutte. Aprire una discussione sulle professioni più esposte, quando buona parte degli anziani non è ancora stata vaccinata, è assurdo”. In risposta alle critiche (tra cui quelle dell’aquilano Bruno Vespa, che ha parlato di “responsabilità etica gravissima”), Marsilio ha liquidato la faccenda come “una polemica figlia di un momento paranoico”. Dopo l’autorizzazione del vaccino AstraZeneca solo per gli under 55 “il governo ci ha indicato alcune categorie prioritarie, tra le quali gli ufficiali di Polizia giudiziaria”, si è difeso. Ma è indubbio che per un partito che ha agitato le tesi del Sistema di Palamara alla stregua di una Bibbia, la concessione di una corsia preferenziale per i magistrati rappresenti una gran fonte di imbarazzo. Che alla fine le commissioni d’inchiesta possano servire a conoscere una parte delle proprie contraddizioni?