governo e governatori
“Le regioni non possono essere la terza Camera”. Parla il costituzionalista Clementi
"Il Covid ha evidenziato tutti i limiti della riforma del Titolo V", ci dice Francesco Clementi, ordinario di Diritto pubblico comparato all'Università di Perugia
Lì dove un tempo spuntavano ordinanze regionali, continuano ancora oggi a fioccarne di nuove. La pandemia è maturata un anno, a Palazzo Chigi c’è stato un avvicendamento, ma quando s’analizzano i rapporti tra stato e regioni si torna sempre al punto di partenza: inefficienze, impugnazioni, federalismo abortito, devolution decotta. Se a marzo del 2020 fu solo grazie a un colpo di telefono datogli dall’ex premier Conte nel pieno svolgimento di una conferenza stampa, che l’allora presidente delle Marche Ceriscioli si dissuase dal chiudere unilateralmente le scuole, 13 mesi più tardi Draghi è lì ad arrovellarsi coi suoi tecnici: è il caso o no di impugnare il dispositivo con cui la regione Puglia di Emiliano ha ridotto le lezioni in presenza, in spregio al decreto Covid del governo? E anche nell’organizzazione della campagna vaccinale si è evinta tutta la distanza che c’è tra modello accentrato e decentrato, in cui le regioni possono mettere becco persino nelle categorie prioritarie da vaccinare.
“Di certo la pandemia Covid ha esaltato quello che la giurisprudenza della Corte costituzionale, in questi vent’anni di Titolo V, ha evidenziato con chiarezza, ossia che il riparto di competenze disegnato allora tra lo Stato e le Regioni così come è, merita di essere riformato”, spiega al Foglio Francesco Clementi, ordinario di Diritto pubblico comparato all’Università di Perugia. "Una scelta peraltro che – a guardar bene - sarebbe vantaggiosa anche per le stesse Regioni, perché sarebbero meno disperse e più focalizzate intorno a competenze più adeguate alle loro capacità legislative ed amministrative, secondo parametri e stilemi tipici, appunto, degli stessi enti - loro equivalenti - in altri ordinamenti composti. Insomma più che Governatori, nei fatti senza quei poteri che quel titolo farebbe immaginare, sarebbero più Presidenti, coniugando invece con coerenza anche il loro nomen al ruolo che hanno".
Facciamo un passetto indietro. Cos’è cambiato nell’ultimo anno? “Tra il Governo Conte e il Governo Draghi c’è la sentenza della Corte costituzionale sulla Valle d’Aosta che marca uno spartiacque chiaro nella gestione della pandemia, spiegando che il tema è di competenza esclusiva dello Stato, in quanto rientrante nella profilassi internazionale, e non invece di competenza concorrente divisa tra Stato e Regioni. Per cui, oggi alla leale collaborazione e al principio di sussidiarietà, che è pure in senso verticale – non dimentichiamolo - dobbiamo aggiungere il fatto che lo Stato può lasciare spazi alle attività regionali nei limiti che esso stesso decide in base ad un naturale principio di buon andamento dell’amministrazione sanitaria, che è di comune interesse in quanto relativo alla tutela della salute, ex art. 32 Cost.”.
Le amministrazioni, però, hanno interpretato in maniera estensiva la loro potestà concorrente nelle varie materie. Non era meglio comportarsi come hanno fatto Inghilterra o in Israele, modelli fortemente accentrati? “L’esperienza israeliana è stata guardata con troppa poca attenzione. Ed è stato un peccato”, rimarca Clementi. “Non da ultimo perché chi l’ha studiata anche in Italia – e poi applicata – come la Regione Lazio, ne ha confermato in larga parte la sua efficacia”. C’è da aggiungere, poi, che l’elemento del confronto, relegato alla Conferenza stato-regioni, ha mostrato dei limiti evidenti. “La Conferenza ha di fatto acquisito un ruolo improprio, quello di seconda Camera del Paese, come se fosse l’espressione parlamentare di un bicameralismo territoriale, come è quello di altri Paesi. Eppure questo non è. Anzi, questa è una vera e propria finzione dalla quale dobbiamo uscire il prima possibile. Non da ultimo perché la Repubblica delle autonomie – tanto proclamata e rivendicata - invece si merita un luogo istituzionale nel nostro bicameralismo dove poter esistere, presentare i problemi ed offrire soluzioni, dialogando in trasparenza. Per cui, sarebbe opportuno che si trasformasse il nostro bicameralismo, trasformando la Conferenza in un vero Senato delle autonomie, a maggior ragione tenuto conto che, con 600 parlamentari, tante ansie oggi possono sparire”. Il governo, però, avrebbe gli strumenti per sollevare dalla responsabilità le regioni inadempienti, ad esempio in materia di vaccini e furbetti? “Ho l’impressione che abbia acquisito una nuova consapevolezza di quanto sia necessario controllare che il piano vaccinale funzioni, senza smagliature. E chi ha approfittato deve essere perseguito due volte”, aggiunge Clementi. Non è scontato che serva a evitarci la prossima, ennesima, ordinanza regionale.