Copasir, Salvini ricorda alla Meloni che ha un problema con l'Iran
Nella guerra per la conquista della presidenza del Comitato per la sicurezza della Repubblica si intrecciano pettegolezzi (sul meloniano Urso) e la questione amministrative
Fosse un altro, l’epicentro dello scontro, verrebbe da dire che vabbè, anche di queste bassezze è giusto che si nutra la politica. Il punto però è che la guerriglia a colpi di veline si consuma intorno a un organismo che proprio sugli eventuali usi impropri di informazioni riservate sarebbe preposto a vigilare. Ma à la guerre comme à la guerre. E dunque ogni pettegolezzo è ammesso, per conquistare la presidenza del Copasir. E così dalle parti di Matteo Salvini, dopo la pubblica accusa lanciata da Giorgia Meloni per rivendicare a FdI la poltrona occupata dal leghista Raffaele Volpi, c’è chi ha bisbigliato che se davvero gli alleati patrioti insistono con questo stillicidio, “bisognerà ribadire da che parte stanno Italia e Nato rispetto all’Iran”. Riferimento velenoso agli affari personali di Adolfo Urso, senatore meloniano e candidato in pectore alla guida del Copasir: “E’ la legge che lo impone”, ripete Ignazio La Russa: “Quella carica spetta alle opposizioni e Adolfo è una persona degnissima”. E sulla dignità, in effetti, nessuno ha da obiettare. Solo che a Urso si rinfaccia una certa presunta simpatia per il paese degli ayatollah, per via di quella sua azienda, la Italy world services, messa in piedi nel 2013, che fornisce consulenze alle aziende italiane che vogliono fare import-export con Teheran. Roba in effetti un poco imbarazzante, sul piano politico, per chi deve andare a presiedere il comitato parlamentare che controlla sull’operato dei servizi segreti.
Lui, che certe cattiverie le ha di certo intercettate, coi colleghi di partito ha già chiarito: spiegando che a giungo del 2018, quando veniva nominato tra i dieci membri del Copasir, ha ceduto a suo figlio Pietro la guida della società, conservando meno di un terzo delle quote. Solo che, col senno del poi, è proprio questo zelo ad apparire sospetto. E così si spiegherebbe anche la rimozione dal sito di Farefuturo, la fondazione che fu di Gianfranco Fini e che ora è presieduta proprio dal senatore meloniano, già viceministro con delega al Commercio estero, di un’intervista in cui, nell’autunno 2017, Urso così si descriveva: “Io, ex colonnello di An, ora aiuto le imprese in Iran”. E i complimenti che in quel colloquio rivolge a Hassan Rouhani (“La sua è una vittoria senza precedenti”), spiegano forse le ragioni dell’imbarazzo.
I fratelli d’Italia, da parte loro, spiegano che Volpi, pur di non cedere, briga con chiunque. E in effetti i buoni contatti con Roberto Fico sono serviti, al deputato del Carroccio di vecchia scuola democristiana, a stiepidire la posizione di Elisabetta Casellati, che avrebbe vergato un parere assai più duro di quello, pilatesco, con cui i presidenti di Camera e Senato hanno rinunciato a intervenire per dirimere la contesa. E di certo anche i colloqui cordiali che ha avuto con Luigi Di Maio sono valsi a Volpi a rassicurarlo del fatto che il M5s non voterà per Urso. “Anche perché il presidente del Copasir va comunque scelto a maggioranza all’interno del Comitato”, ripete il leghista. Al che Enrico Borghi, che nel comitato rappresenta il Pd, allarga le braccia: “Non vorrei che il centrodestra stesse usando un luogo così delicato per gli equilibri democratici per celebrare il suo congresso”. Perché in effetti la baruffa tra Volpi e Urso si lega a quelle sulle amministrative. “Se ora cediamo il Copasir, in Calabria lo scegliamo noi il candidato presidente”, sbuffano i leghisti. E così la guerra tra Lega e FdI è finita col travagliare pure Forza Italia. Perché Elio Vito, membro azzurro del Copasir, sostiene apertamente le ragioni di Urso. Ma Roberto Occhiuto, capogruppo alla Camera che già ragiona come portacolori del centrodestra nella sua Calabria, inizia a mugugnare.