Il caso

Il complotto contro Conte, Letta gela Bettini: "Parla a titolo personale non per il Pd"

Fanno discutere le affermazioni del king maker di Zingaretti. Castagnetti lo sfotte e usa Pasolini. E Draghi? "Nessun commento da registrare"

Simone Canettieri

Il Nazareno risponde all'ideologo romano: "Ma quale macchinazione, Conte cadde perché non aveva la maggioranza". Base riformista non ci sta. E Renzi: è politica, altro che interessi internazionali

Erano parole che non si sentivano da tempo: macchinazione, complotto, “grande gioco” e via delirando. Guareschi si sarebbe divertito con la Fodria: forze oscure della reazione in azione. Per chi due mesi fa portava i sali a Giuseppe Conte, è stato un “golpe bianco”. Per Goffredo Bettini l’ex premier “è caduto per una convergenza di interessi nazionali e internazionali”. Ma Enrico Letta non la pensa così: Conte è caduto perché non aveva più la maggioranza.  

 


 
L’accusa lanciata da Goffredo Bettini nel manifesto della sua area politico culturale (si chiama Le Agorà: guai a chiamarla corrente) è stata dirompente.

In poche parole  – come scrive a pagina dieci della sua relazione – in Italia nel 2021 c’è un ex presidente del Consiglio a spasso perché si era opposto a interessi nazionali ed esteri. E dunque  chi ha preso il suo posto, Mario Draghi, sarebbe il frutto di un putsch economico finanziario, ben più malleabile secondo chi avrebbe mosso il complotto. 

 

A Palazzo Chigi, letta la notizia rivelata dal Foglio, chiudono la pratica con un gelido “non abbiamo reazioni da registrare”. E guardano avanti. 

 


Discorso diverso nel Pd, e non solo perché oggi la creatura bettiniana vedrà la luce con una maratona su Zoom di cinque ore. Letta e Conte saranno gli ospiti del prossimo appuntamento di Agorà, fra due settimane.

Intanto, però, il segretario del Pd tiene a specificare un po’ di cose: Bettini parla a titolo personale, il sostegno al governo Draghi non è in discussione perché è il governo del Pd. Ovviamente il segretario dem specifica che non sottoscriverà il manifesto dell’ideologo romano. Quanto al passaggio incriminato, al complotto, dal Nazareno dicono: “La caduta di Conte è figlia dei numeri in Parlamento e di una maggioranza che non c’era più”. Dunque, “nessuna macchinazione”.  Questo non significa, commenta ancora Letta, che i rapporti con Conte non “siano buoni” e quelli con Bettini non “siano rispettosi”.


Questa storia, dice chi ha parlato con il segretario, “non preoccupa un partito, come il Pd, che ha una forte identità”.

Anche perché quel ruolo di demiurgo avuto da Bettini con la segreteria Zingaretti non è replicabile con Letta, che magari ascolta molto di più Romano Prodi, ma anche il suo amico Filippo Andreatta. E però certe parole rimangono. I ministri del Pd entrati nel governo Draghi preferiscono evitare il commento, scelgono di non entrare nella carne viva di una faccenda che hanno vissuto. Lorenzo Guerini, confermato ministro della Difesa, si trova a Parigi, e preferisce, forse per carità di patria, tacere.

 

Non lo fa il senatore dem Alessandro Alfieri, coordinatore di Base riformista, la corrente di Guerini e Lotti: “Le parole di Bettini? Personalmente sarei stato decisamente più prudente. Comprendo le difficoltà di metabolizzare un passaggio di fase così delicato, ma eviterei ardite dietrologie”. Alfieri continua spiegando che “ora dobbiamo guardare avanti e concentrare i nostri sforzi nel sostenere il governo Draghi, a partire dalla rapida attuazione della compagna vaccinale e dalle misure per far ripartire i settori più colpiti dalla crisi”.

 

 

Nel Pd si parla, e assai, della vicenda. Da una nuvoletta su Twitter spunta Pierluigi Castagnetti, diccì di lungo corso e padre nobile del Pd, ma soprattutto amico del capo dello stato Sergio Mattarella. A un utente che gli fa notare l’accusa lanciata da Bettini risponde con la brevità del mezzo social e con citazione di Pasolini: “In ogni caso lasciamo a PPP la singolare prerogativa di dire: ‘io so ma non ho le prove’”. Ma qui non ci sono stragi, né rosse né nere. Al massimo una crisi politica all’italiana. Merito o colpa di Matteo Renzi.

 

Ecco, il leader di Italia viva, pronto a calciare in rete il più facile dei rigori: “In casa Pd, autorevoli ex guru iniziano a sostenere che il Governo Conte sia caduto per un (immancabile) complotto internazionale. Quindi non era colpa di un uomo solo, folle, di nome Matteo Renzi, come ci hanno raccontato per giorni a reti unificate. Dicono, dunque, ci sia stato un complotto internazionale. E sembrano persino crederci. Ho scoperto in questi anni che molti chiamano complotto internazionale semplicemente la propria incapacità di fare politica”.
 
 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.