Il retroscena
Draghi, il bunker e i dossier che scottano: i ministri gli chiedono più collegialità
Attesa per il Consiglio dei ministri sullo scostamento di bilancio da 40 miliardi di euro
Da Orlando a Giorgetti passando per Patuanelli: c'è la spinta per una maggiore condivisione. E oggi il premier inizia le consultazioni sul Recovery
E’ circondato. In ordine: Recovery da mandare su (a Bruxelles) a fine mese, campagna vaccinale da far decollare, aperture da affrontare, governatori-viceré bizzosi da placare, sostegni da elargire alle imprese. Mario Draghi finora è uscito tre volte da Roma: Fiumicino, Bergamo e Libia.
La sua vita è a Palazzo Chigi, a sua volta circondato dalla polizia. Dispositivo straordinario per via delle ultime manifestazioni. Il Marziano è nel bunker? Ieri Andrea Orlando gli ha chiesto “più collegialità”.
Nota di cronaca: molti ministri non hanno il numero di cellulare del premier. Possibile che non si sia ancora accorciato lo iato tra l’uomo della provvidenza e i partiti che lo sostengono? E soprattutto si accorcerà?
Ci sono pentole che bollono in maggioranza. Smorfie di insofferenza. E anche per questo, forse, oggi Mario Draghi inizia un giro “di consultazioni”, così le chiamano a Palazzo Chigi, per discutere di Recovery, decreto “Sostegni” e sicuramente, fuori sacco, spunteranno le riaperture.
Vedrà i partiti per quattro giorni: si parte con il M5s e la Lega. I grillini saranno acefali: come si sa ancora non dispongono del nuovo leader (Giuseppe Conte). Il Carroccio sarà in formazione visita quirinalizia: dovrebbe esserci anche Matteo Salvini. Poi domani toccherà a Forza Italia e Pd e lunedì a Italia viva e Fratelli d’Italia. Infine, martedì mattina, sarà la volta di Leu.
Cosa si cela dietro a questa mossa? Draghi inizia a sentire la pressione della sua maggioranza, dicono dalla maggioranza che borbotta e sbuffa. Draghi cerca la massima condivisione sui tempi più importanti per il paese, dice chi sta intorno a Draghi. Bisogna ficcarsi in mezzo a queste due considerazioni. E ripartire dalla cronaca: l’altro giorno in Cdm perfino Giancarlo Giorgetti, uno dei pochi che dà del tu al premier, ha chiesto “condivisione e dibattito” sul prossimo scostamento di bilancio: 40 miliardi di euro che saranno approvati oggi.
Ieri il concetto è stato ribadito anche da Andrea Orlando che, prendendo il caso Speranza, ha fatto presente che “bisogna far fronte a questo stillicidio contro il ministro della Salute perché attaccare lui significa screditare l’intero governo”. In generale, ha rimarcato il titolare del Lavoro, “occorre recuperare collegialità”. O forse voleva dire trovarla, chissà. Di fatto il concetto di Orlando è stato ribadito anche da Stefano Patuanelli, ministro dell’Agricoltura e capo delegazione del M5s.
Aprile è il mese più difficile per l’ex numero uno della Bce. Costretto a ricalibrare il piano vaccini, a seconda degli stop dell’Ema. E se dunque il caso Johnson & Johnson ha “un impatto modesto” perché il generale Francesco Paolo Figliuolo annuncia sette milioni di dosi di Pfizer, ci sono altri dossier che lo circondano e su cui i partiti iniziano a fremere.
Martedì anche Enrico Letta si è raccomandato con i tre ministri del Pd di essere collaborativi sul Recovery, “ma allo stesso tempo di spingere sui grandi temi cari al nostro partito: donne, sud, scuola, diseguaglianze”.
Il Pd vive un travaglio interiore: è diviso tra la mozione “vedovi di Conte” e “i quasi euforici se non fosse per la presenza della Lega”. Soprattutto è consapevolezza della delegazione dem che la musica è cambiata e influire adesso è molto più complicato. Certi malumori attraversano anche il fronte opposto: quello del centrodestra.
Come dimostra un fatto minimo, in apparenza laterale: la mozione di Fratelli d’Italia sulla presunta svendita della Borsa alla Francia. Il governo non è andato sotto per ventuno voti riuscendo di carambola a riunire Forza Italia e Lega. Segnali di fumo certo, come la continua campagna acquisti di Matteo Salvini in Senato: da ieri con il Carroccio c’è un altro ex grillino, Francesco Mollame. Numeri che potrebbero tornare utili all’occorrenza. Piccole cose. Con cui però Draghi deve fare i conti. “Non posso condividere tutto perché non siamo una maggioranza normale”, ripete spesso il premier. Che ieri dal “dittatore” Erdogan si è visto piombare addosso una pioggia di critiche. Una su tutte ha fatto sorridere i malmostosi: “Non è stato eletto, ma nominato”.