Caro Giuliano, quella di Ciro Grillo è molto peggio di una notte brava
Il problema del branco e lo stupro denunciato "troppo tardi": i gargarismi sul garantismo, cari libbberali, metteteveli dove non batte il sole
Durante una notte d’estate, quattro maschi figli di papà con casa a Porto Cervo, alcol, chissà che altro e senza supervisione adulta, si sono divertiti, con l’incoscienza e la voglia di baldoria, tipiche della tarda adolescenza, con due ragazze. Quattro maschi, due femmine. “Una notte brava, nulla più” tuona trionfante il grande intellettuale europeo fondatore del Foglio. La ragazza che denuncia pare abbia avuto un primo rapporto, forse consenziente con Ciro Grillo. (Ci sono maschi che vedono un “sì” in ogni “no”; l’ambiguità verso l’atto sessuale è congenita specie nelle adolescenti ma non solo.) La psicologia e la sessualità femminili sono notoriamente assai più delicate e complesse di quelle maschili. (Come disse una mia vecchia amica un po’ ruvida, “O te o il radiatore, fa lo stesso”).
Possono, le femmine, accettare un rapporto sessuale una volta e non averne voglia la seconda. (Lo stupro nel matrimonio è diventato da non molto tempo illegale in tanti paesi. In Italia? Chissà). La denunciante aveva tanta voglia di fare ancora sesso con tutti e quattro, come dicono i maschietti diciannovenni? Permettetemi lo scetticismo. Ubriacare le donne, drogarle, assaltarle quando sono indifese, è nel manuale maschile, patrimonio automatico di ogni maschio libidinoso e privo di voglia di corteggiare. Non sempre applicato ma c’è. Anche tra potenti e famosi che potrebbero avere quello che vogliono con gentilezza ma preferiscono tagliare corto. Bill Cosby insegna. Il mio amico e bravo aiuto regista/montatore Stuart Mabey, un gentiluomo inglese da oltre vent’anni in Italia, ha detto, quando finì in fumo la brevissima stagione del #MeToo italico: “L’Italia è il paese in cui il #MeToo viene e morire, non lo sapevi?”. Il diritto, dice Ferrara, parla chiaro. Atteniamoci a quello, e solo a quello: garantismo garantismo garantismo. “La troietta” (non lo dice, Ferrara, è implicita nel suo pezzo d’opinione) prima gliel’ha data poi lo ha accompagnato a comprare le sigarette (beccata, prova provata!). Poi ci è ristata, l’ha data anche agli altri, eh eh eh. La ragazza ha pure scambiato messaggini con i supposti stupratori nei giorni successivi da Milano; ma che va cercando quella? Poi settimane dopo, riflette che quel Ciro è figlio di papà potente e forse potrà spillargli dei soldi. Why not? Questa la tesi di Ferrara.
Io sto alla ricostruzione del Fatto quotidiano, per ovvie ragioni. C’è stato un festino con due ragazze italo-svedesi (un film porno già incistato nella testa di ogni maschio italiano). C’è stato un primo rapporto sessuale tra CG e la ragazza denunciante. Lei ha accompagnato lui o un altro a comprare le sigarette. Poi sono tornati nella bella casa delle vacanze spensierate, dove la madre di Ciro e l’amica della denunciante dormono della grossa. La denunciante dice di essere stata costretta a trangugiare vodka. Erano quattro i ragazzi, giusto? Sufficienti per un comportamento da branco, ché se non è vero, è perlomeno verosimile, eh, garantisti? Lei a questo punto non ha una spalla, è l’unica ragazza. Una contro quattro. Lei dice che era ovviamente ancora più stordita di prima. I quattro, come si diceva una volta, “hanno fatto i comodacci loro”. La ragazza, sfinita (consenziente o no) è caduta in un sonno drogato, alcolico, stremata. Soddisfatta? Ho i miei dubbi. Anche se consenziente (ma fatemi il piacere) soddisfatta? Ma vattene. In seguito ha scambiato messaggini con i ragazzi da Milano, dove era tornata. E qualche tempo dopo li denuncia.
Non è un segreto che la psicologia e la sessualità femminili siano complesse e delicate, anni luce più di quelle dei maschi. Il diritto non è granitico, uguale nel tempo. Cambia, molto lentamente, con la sensibilità sociale e altre cose che evolvono o dovrebbero, come la scienza. Non è granitico. E’ stato appurato che la stragrande maggioranza degli stupri non viene MAI denunciata. Il date rape, poi, figuriamoci. “Lo conoscevi, no? Ti piaceva, no? Ci sei uscita, no?”.
A volte lo stupro è denunciato dopo, anche parecchio dopo, come le molestie sessuali di bambini e adolescenti, da parte di padri, zii, fratelli, maestri, medici, preti. E anche gli stupri, il date rape. Prima per la vergogna. Poi per la paura di non essere credute ma sicuramente sputtanate. (“Ma com’eri vestita, stronza!”. “Che ci facevi lì a quell’ora!” eccetera). E per la quasi impossibilità di ottenere giustizia. “Era consenziente, vostro onore!” tuona lui o il genitore sempre indignato. “Neanche per sogno!” risponde lei. He said-she said. Difficile, quasi impossibile uscirne. Date rape. E chissenefrega. Raramente ci sono testimoni. Figuriamoci neutrali…
Racconto un fatto accaduta a me, femminista “storica”, assertiva, rompiballe e categorica, più che adulta, negli anni Ottanta. Vado da un dermatologo polacco raccomandato da Susan, amica e mio stimato medico curante. Devo farmi togliere un porro grandino spuntato all’improvviso tra le tette. Il polacco ha gli occhialini tondi tipo Mengele. “Si accomodi nella sala pornografica…”, mi dice con ghigno insinuante. Sarei dovuta scappare a gambe levate. Invece, per non sembrare una femminuccia poco di mondo – mi ci ha inviato Susan, cazzo! – sorvolo ed entro nella stanza dei ferri. Il polacco esamina il porro e dice, “Ma niente di che, non vorrà mica l’anestesia?” (lo spray congelante, mica l’eroina). Sempre pensando di far fronte da fiera amazzone a quel che immagino una piccola prova, sto zitta. Lui tira fuori il bruciatore e per alcuni minuti subisco quel che si può solo definire una tortura. Un male da urlo. Stringo i denti e resisto alla fiamma ossidrica.
Dopo qualche minuto che sembravano ore, stordita dal dolore represso, pago (!) e barcollante raggiungo la mia auto. In macchina emetto urla belluine con forsennata disperazione, rabbia, orrore. Tutto il dolore che “virilmente” mi ero tenuta dentro è uscito con la forza di un’eruzione vulcanica fino a casa.
Qualche tempo dopo, faccio il nome del dermatologo a una cena. Un ospite esclama “Ma è un mio carissimo amico, un bravo medico!”. Racconto il fatto. Il caro amico risponde, “Beh, effettivamente con le donne ha qualche problema”. Alla prima occasione racconto tutto al mio medico ebreo, cercando di alleggerire con una battuta. “Non ci amano molto i polacchi. Auschwitz. Forse sapeva che sono della tribù”. Solo a lei l’ho “denunciato”, e parecchio tempo dopo.
I gargarismi sul garantismo, cari libbberali, metteteveli dove non batte il sole.