Il caso

Il Pd non sa cosa fare con Salvini. Orlando: "Così è dura andare avanti"

Il ministro del Lavoro è preoccupato: "Non possiamo continuare a inseguire le dichiarazioni di Matteo, i prossimi passaggi saranno complicati"

Simone Canettieri

Dopo lo strappo sul coprifuoco, il Nazareno prova a prendere le misure alla Lega. E sogna il governo Ursula senza Carroccio

Doveva rovesciare il tavolo dopo l’affronto della Lega, invece lancia un nobilissimo “patto per le riforme come Ciampi nel ’93”. Sempre Enrico Letta forse avrebbe dovuto convocare una segreteria d’urgenza davanti allo strappo di Salvini, ma  alla fine è proprio il leader del Carroccio a farlo. A riunire su Zoom i suoi dirigenti per gonfiarsi il petto e rivendicare l’astensione dei suoi ministri in Cdm. Con tanto di marameo finale: “Pd e M5s ci vogliono fuori dal governo? Non ci riusciranno”. E così Salvini rompe sul coprifuoco, ma fino a quando Letta giocherà a Subbuteo con un alleato che è amante del ruzzolone? Il segretario del Pd teme “il logoramento dell’esecutivo”, vorrebbe che ci fosse “una corresponsabilità nelle scelte per una grande stagione di riforme”.  E si sfoga: “Decida cosa vuole fare: o dentro o fuori”. Salvini gli risponde da Salvini: insiste su ristoranti e palestre, attacca Dario Franceschini sulla stagione dell’Arena di Verona a rischio, chiede le dimissioni di un sottosegretario del M5s (Anna Macina, per la vicenda del video di Grillo) e butta là che “non ha ancora deciso” sulla mozione di sfiducia a Roberto Speranza, presentata da Fratelli d’Italia. E il Pd? Nel cortile di Montecitorio, Stefano Ceccanti, deputato dem e costituzionalista, dice: “Se le forme hanno uno senso, l’altra sera la Lega sarebbe dovuta uscire dal governo un minuto dopo”. E invece bullizza i dem.  


Nicola Zingaretti, che da segretario del Pd ha portato il suo partito in questa maggioranza XXL, ripete  spesso un concetto chiaro: “Non è detto che un governo sostenuto da tanti partiti, da quasi tutti insomma, sia alla fine un governo forte e coeso. Questo automatismo non è mai scontato”. Ma alla fine il Nazareno, cosa altro è se non il partitone di gomma e responsabilità che tutto assorbe nel nome della stabilità e della voglia di governo? Letta è arrabbiato: sfiderà Salvini sulle riforme (“se non ora quando?!”) e sfrutterà il buon rapporto che dice di avere con Giancarlo Giorgetti per evitare frontali quotidiani.

 

Già, il ministro dello Sviluppo economico, leghista sì ma legato al premier Draghi (i due si danno del tu: una rarità). In grado di troncare e sopire le polemiche con Matteo, pensando sempre a ottimizzare i risultati da portare a casa (frase di repertorio che usa con gli avversari-alleati: “Noi rappresentiamo mondi, voi?”). Ma c’è un Giorgetti nel Pd? L’altra sera in Consiglio dei ministri si è fatto sotto Dario Franceschini per “registrare” la prima scuffiata della regata draghiana.

 

E  ieri mattina è toccato ad Andrea Orlando  attaccare i carissimi nemici. Bollati come “irresponsabili” e dagli atteggiamenti “incomprensibili”.  Sempre Orlando, chiacchierando con i suoi parlamentari al termine di un’audizione alla Camera,  arrotonda il ragionamento: “Sono molto preoccupanti i prossimi passaggi che saranno difficili, per le tensioni sociali, per le crisi industriali, per la pandemia che non è ancora sotto controllo. Difficile andare avanti seguendo ogni mezz’ora le dichiarazioni di Salvini”. Nel merito della faccenda, al Nazareno, si accorgono che la rottura sul coprifuoco per quanto strumentale è popolare, forse  di più della  battaglia sulla legge Zan.

 

E dunque c’è il rischio che alla fine il partito del rigore e della prudenza, passi come quello delle “chiusure”. Prospettiva che infatti Anna Ascani, sottosegretaria del Mise giorgettiano, scaccia subito: “Tutti vogliamo la normalità, tutti vogliamo ritornare alla vita.  Serve una sintesi tra coraggio e prudenza: basta caricature”. Ma ecco agitarsi  Ceccanti, che è una Costituzione ambulante, pronto a ricordare per esempio quanto accadde con la sinistra diccì con la legge Mammì: “Alla fine i ministri si dimisero, e tra questi c’era anche il presidente Mattarella”. Altri tempi, altri partiti. Adesso nel Pd c’è da capire come prendere le misure alla Lega. A dire il vero se lo domandano, con altri toni, anche nel M5s, memori delle vecchie competizioni interne nel Conte I che però finivano con enormi rinvii e soprattutto approvazioni “salvo intese” dei provvedimenti. Il Pd confida nella saggezza di Draghi per placare l’attivismo, tra palco e realtà, di Salvini. E spera che alla fine si componga una maggioranza Ursula senza il Carroccio, ma allo stesso tempo teme di indebolire il governo. Il leader  della Lega fischietta e  fa spallucce: “Vi piacerebbe, eh?”.
 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.