Il rischio Salvini e la ferita

La stravittoria dell'Infiltrato

Il pericolo che a incassare siano i trascinatori

Giuliano Ferrara

Salvini s’intesterà il clima di riapertura che si respira nel paese. Ma l’astensione della Lega è una ferita grave alla coalizione. E nessuno lo dice

L'Infiltrato ha stravinto la battaglia per intestarsi il clima di riapertura che si respira nel paese. Ha vinto con tutti e contro nessuno. Regioni e comuni unanimi appoggiano le sue richieste e la sua dissociazione dalle decisioni sul coprifuoco e altro. Il governo fa figura arcigna e dispotica di tutore non abbastanza flessibile della salute comune: una oligarchia tinta di ideologismi, e sostenuta da una coorte di esperti di cui molti italiani non vogliono più sentire parlare, distante dalla sensibilità degli amministratori, del paese reale, delle soluzioni concrete e mature. Splendida piattaforma per social e talk-show, per la conquista dell’opinione pubblica fin qui accucciata nel civismo indotto dalla pandemia ma ora tentata dalla soluzione liberazionista, con l’appoggio di potenti forze economiche grandi e medie e di prossimità

 

Se con la primavera inoltrata e l’estate non ci saranno nuovi dati allarmanti, se sembreremo presto un luogo di ritrovata normalità, cosa che tutti auspichiamo nonostante le manovre di successo dell’Infiltrato, sarà replicato lo schema della battaglia contro l’immigrazione che ha dato a Salvini un primato elettorale e di consenso notevole per un certo periodo.

 

La realtà è sempre più frastagliata. La rinuncia alla prudenza gradualista per il rischio calcolato se l’è intestata in parte anche chi guida il governo, Mario Draghi, ma è una figura superpolitica di naturale mediazione in una coalizione di unità nazionale: l’incasso spetta ai trascinatori, la bua è inferta ai frenatori. Eppure non si è francamente vista una estesa, consapevole,  protesta sociale, si sono visti interessi di categoria lesi dalle restrizioni antiepidemiche e si respira un clima di agitazione da radiose giornate in spregio ai vecchi e alla scienza intesi come zavorre, passatisti, cavillatori, gente che merita di essere travolta. Mi auguro come tutti che la ragione stia dalla loro parte, dalla parte dei riaperturisti a oltranza, ma mi permetto di dubitarne.

 

Comunque stiano le cose, e lo vedremo tra qualche settimana o tra qualche mese, l’astensione della Lega, come la sua vociferazione aperturista, è un vulnus, una ferita grave alla coalizione. Condividere una responsabilità, con la salvaguardia di mettersi in libertà quando si vuole, e senza che nessuno ti possa dire niente, mina alla base il significato dell’unità nazionale. Che nessuno si prenda la briga di dirlo alto e forte è inqualificabile. I precedenti parlano a sfavore di queste impennate, rivelatesi tutte, e spessissimo a firma dell’Infiltrato, un’illusione, qualcosa di ingannevole e socialmente costoso, anche economicamente non solo sanitariamente. L’ansia di movida ha le sue motivazioni, nessuno può essere insensibile adesso, con la curva che scende, all’impulso liberatorio. Oltre un anno di su e giù tra restrizioni, parziali alleviamenti, sbroccamenti, è un tempo di stress e di fatica psicologica che riguarda tutti. Ma se dovevano prendersi decisioni simili, la responsabilità doveva essere comune, in una maggioranza di governo che non ha confini, salvo la pattuglia di Meloni.

 

Sono faccende molto complicate, è vero, e l’imprudenza calcolata dell’Infiltrato, con il suo immenso seguito di amministratori sensibili allo stormir di fronda di mille lobby, è esposta anche a esiti nefasti, che nessuno però si può decentemente augurare. Da questo punto in avanti non si sa, ma che a questo punto si sia arrivati, e che questo sia un precedente che fa legge in una coalizione di unità nazionale, è grottesco.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.