Relazioni pericolose
L'incompatibilità tra Salvini e Draghi e gli errori del Pd
Dieci argomenti
Dalle alleanze internazionali all’euro, dal fisco al Recovery, dieci prove di un rapporto impossibile ma di successo. Mentre i dem regalano alla Lega l’agenda del post pandemia
Il rapporto tra Matteo Salvini e Mario Draghi è forse il tema più interessante da mettere a fuoco per provare a lanciare in avanti la palla del dibattito politico nazionale. Il Partito democratico, fino a oggi, con la complicità del M5s, è riuscito nel miracolo di regalare alla Lega di Salvini l’agenda del post pandemia e per quanto questo governo sia tutto tranne che il governo di Salvini, è evidente che di fronte a un partito che si concentra sul passato può capitare che il partito che non parla di passato possa essere considerato come quello che parla del futuro.
La Lega di Matteo Salvini, come abbiamo visto, si è intestata il tema delle riaperture, anche a costo di mettere in scena un litigio a tratti ridicolo sul tema delle riaperture, e lo ha fatto alla luce di un calcolo politico persino comprensibile: la Lega, dopo le sue scorrazzate anti euro, ha un bisogno matto di accreditarsi come il partito del pil e il ragionamento di Salvini è che più la Lega si pone come il partito che non vuole chiudere e più possibilità ci saranno che l’Italia produttiva possa identificarsi un po’ più nella Lega e un po’ meno nel Pd. La scommessa ha ovviamente un suo senso e la Lega potrebbe trarre anche un certo beneficio elettorale dalla circostanza di avere un presidente del Consiglio che su alcuni temi tende a seguire l’agenda Salvini (dalla rimozione di Arcuri al rischio calcolato delle riaperture).
Ma se ci si ragiona bene, quella di Salvini è solo un’illusione ottica e ci sono almeno dieci piccole prove che si possono mettere insieme per dimostrare perché Salvini resta il vero infiltrato di questa maggioranza. La prima prova ha a che fare con le alleanze internazionali di Salvini: in Italia la Lega sta con Draghi, bene, ma in Europa la Lega sta con un partito illiberale come quello di Orbán (Fidesz), che vuole far saltare il Ppe (da cui Orbán è uscito di recente), che cerca in tutti i modi di sabotare l’opposizione (in Ungheria Orbán ha fatto in modo che non ci siano più radio indipendenti) e che per screditare le istituzioni europee è arrivato a preferire i vaccini russi e cinesi a quelli americani (nessun dubbio su Sputnik, molti dubbi su J&J).
La seconda prova ha a che fare con un’altra alleanza internazionale di Salvini che è quella con un partito con cui la Lega è gioiosamente alleata al Parlamento europeo: la AfD. La AfD, come sapete, è un partito di estrema destra tedesco (Alternative für Deutschland) che nelle ultime settimane ha scelto di puntare su un progetto preciso per provare a raccogliere consenso in vista delle elezioni politiche del prossimo autunno: uscire dall’Unione europea. Il progetto non è solo ventilato ma è stato approvato nel corso dell’ultimo congresso tenutosi l’11 aprile a Dresda, dove oltre 500 delegati hanno approvato l’idea di fare di tutto per fare uscire la Germania dall’Unione europea, proponendo una nuova comunità economica europea che si limiti a regolare gli scambi commerciali e a tutelare gli interessi industriali dei paesi membri.
La terza prova ha a che fare con un altro punto, sempre legato all’Europa, che Salvini non ha ancora avuto il coraggio di chiarire, e che Draghi come ricorderete ha spiattellato in faccia all’ex Truce: l’euro. Salvini dice, testualmente, che l’euro non è irreversibile, “perché di irreversibile c’è solo la morte”, mentre Draghi dice che l’euro è irreversibile, e la differenza non è mica da poco. La quarta prova ha a che fare con due idee diverse di sovranismo, che dividono Draghi e Salvini in modo pressoché totale. Salvini è convinto che la sovranità di un paese debba essere difesa senza cedere sovranità all’Europa. Draghi è convinto che i paesi più forti siano quelli capaci di cedere sovranità nazionale per acquistare sovranità condivisa (“non c’è sovranità nella solitudine. C’è solo l’inganno di ciò che siamo, nell’oblio di ciò che siamo stati e nella negazione di quello che potremmo essere”) e una prova della potenza di fuoco che può avere il sovranismo europeo ha coinciso con la scelta fatta qualche settimana fa dall’Italia e avallata dall’Unione europea di bloccare le esportazioni dei vaccini di AstraZeneca prodotti nel nostro paese fuori dai confini dell’Europa.
La quinta prova ha a che fare con un modello di riforma fiscale a cui Draghi sta lavorando che si trova agli antipodi rispetto al modello di riforma fiscale proposto fino a oggi da Salvini: Salvini ha sempre combattuto per una flat tax, Draghi ha detto che l’unica riforma fiscale di buon senso a cui può lavorare l’Italia è una riforma dell’Irpef che abbia “il duplice obiettivo di semplificare e razionalizzare la struttura del prelievo, riducendo gradualmente il carico fiscale e preservando la progressività”. Progressività, non flat tax.
La sesta prova dell’incompatibilità di fondo tra l’agenda Draghi e l’agenda Salvini la si può osservare facilmente leggendo l’approccio scelto dal governo per provare a risolvere in futuro alcuni problemi legati all’immigrazione: Salvini è convinto che il modo migliore per governare l’immigrazione sia fermarla (chiudiamo i porti), mentre Draghi è convinto che il modo migliore per governare l’immigrazione sia costringere l’Europa a usare la sua potenza di fuoco per presidiare militarmente il Mediterraneo, per lavorare a una politica europea dei rimpatri dei non aventi diritto alla protezione internazionale e per evitare che il dominio geopolitico della Libia sia un affare tra Turchia e Russia. L’immigrazione la si governa facendo forza sulle alleanze, non ricattando gli alleati. La settima prova dell’incompatibilità di fondo tra Salvini e Draghi ha a che fare con un tema economico che sarà centrale nel Piano di ripresa e resilienza nazionale: Salvini è convinto che la sciagura dell’Italia negli anni pre pandemici sia stata la presenza nel nostro paese di un eccesso di liberismo (c’è troppa concorrenza, c’è troppa globalizzazione, i piccoli commercianti non ce la fanno), mentre Draghi è convinto che una delle ragioni della bassa crescita italiana negli ultimi anni sia stata proprio la scarsa concorrenza (il mercato va liberato, non frenato).
L’ottava prova dell’incompatibilità di fondo tra Salvini e Draghi ha a che fare con la presenza sul terreno di gioco di due visioni diametralmente opposte sul tema dello sviluppo dei vaccini: Salvini è convinto che i paesi più all’avanguardia nella produzione dei vaccini siano quelli che si trovano lontani dall’Europa (la Gran Bretagna, gli Stati Uniti, la Russia), ma non ha fatto i conti, come abbiamo già raccontato, con il fatto che la cattivissima Europa (da cui anche la Cina vuole acquistare vaccini e da cui è partito il 60 per cento dei vaccini usati in Gran Bretagna) è quella che sta lavorando per diventare il primo produttore al mondo di vaccini (con una capacità di 3 miliardi di dosi l’anno entro fine 2021) ed è quella che ha permesso di far nascere una piccola società biotech tedesca (BioNTech) senza la quale non avrebbe trovato così in fretta la formula magica per provare a proteggere il pianeta un’azienda di nome Pfizer (la globalizzazione non è un fenomeno da cui proteggersi ma è un fenomeno con cui ci si può proteggere dai problemi che maturano nel mondo). La nona prova piuttosto evidente dell’impossibilità di far coincidere l’agenda Draghi con l’agenda Salvini ha a che fare con uno sguardo diverso che hanno Draghi e Salvini rispetto al tema del Recovery fund: Salvini pensa che l’Europa che funziona bene è quella che si comporta come un bancomat e dunque bene i soldi che l’Europa ci sta dando in questa fase (l’Europa che si occupa del nostro debito è oscena, l’Europa che ci fa fare debito è una gran figata), mentre Draghi pensa che il Recovery fund sia l’occasione definitiva per dare all’Europa la possibilità di lavorare a una sua irreversibile integrazione e si augura per questo che la formula del Recovery possa diventare un modo per costringere l’Unione europea a mettere in campo nei prossimi anni una politica di condivisione dei debiti (politica che naturalmente può prendere forma solo a condizione che i paesi membri dell’Europa facciano il contrario di quello che vuole Salvini, ovvero tenere i debiti sotto controllo).
La decima prova dell’incompatibilità tra Salvini e Draghi ha a che fare invece con un tema legato alla fase che inizierà da oggi in Italia con le riaperture che andranno a interessare la stragrande maggioranza delle regioni del nostro paese. Salvini è convinto che la prudenza sia un male che l’Italia deve imparare a curare (bisogna tornare alla vita precedente, basta restrizioni, basta stupidaggini, non bisogna avere paura) mentre Draghi è convinto che il rischio calcolato possa avere un senso solo a condizione che la prudenza sia un elemento centrale della stagione delle riaperture (per essere prudenti bisogna avere un po’ paura e avere paura di una nuova ondata di contagi che potrebbe mettere a rischio oltre che la nostra salute anche la nostra estate non è un sentimento da pavidi ma è un sentimento da responsabili). Salvini e Draghi non hanno dunque molto da spartire ma nonostante questo l’impressione è che l’agenda Draghi sia più vicina a quella di Salvini che a quella del Pd. E’ un’impressione dettata da un’illusione ottica generata da un fatto elementare su cui forse il Pd dovrebbe interrogarsi: la circostanza incredibile che sia sufficiente avere un partito che non parla di passato per essere considerato come quello che parla del futuro.