riformare la giustizia

Il Pd chiama la Cartabia. Così il Nazareno prova a rottamare la prescrizione di Bonafede

Intanto a Via Arenula i consulenti della ministra stringono i tempi: l'8 maggio è il giorno decisivo

Valerio Valentini

Giustizia e Recovery plan: la riforma entro maggio. Riti alternativi, archiviazione condizionata, improcedibilità e divieto d'impugnazione per il pm. Ecco la ricetta dei dem per abrogare il grillismo senza troppo clamore

L’impressione è che si voglia fare senza darlo a vedere: per evitare la gazzarra del M5s. E infatti quando  Paolo Sisto, sottosegretario a Via Arenula, dice ai suoi colleghi di FI che “l’indirizzo del governo sulla giustizia, nel Pnrr, è ben chiaro”, fa evidentemente appello alla malizia di chi,  dietro a quelle righe, sa leggerci più di quanto ci sia  scritto. Ed è in questa direzione che pure  il Pd vuole muoversi: archiviando le storture del grillismo sulla prescrizione ma senza stravolgere l’impianto della legge Bonafede. 

 

Con Marta Cartabia il Nazareno ha già fissato un appuntamento per domani, quando una delegazione di parlamentari, guidati dalla senatrice Anna Rossomando, responsabile Giustizia nella segreteria Letta, sarà ricevuta a Via Arenula. E sarà lì che gli esponenti del Pd avranno un primo riscontro dalla ministra sul pacchetto di emendamenti al ddl sulla riforma del processo penale, in discussione alla Camera, che proprio oggi verrà illustrato alla stampa. E che vedrà alcune significative novità rispetto alla legge voluta dall’ex Guardasigilli grillino al tempo del governo gialloverde.

 

A partire dal più incandescente dei temi: quello della prescrizione. Su cui il Pd intende muoversi lungo un solco effettivamente tracciato nel Pnrr, e in particolare in un passaggio, a pagina 77, inserito non senza la contrarietà di un pezzo del M5s. L’orizzonte indicato è lì, in quella “cornice razionalizzata dove la prescrizione non rappresenti più l’unico rimedio di cui si munisce l’ordinamento nel caso in cui i tempi del processo si protraggano irragionevolmente”. Bonafede contesta che già nel suo impianto normativo le fasi processuali erano scandite con rigore, prevedendo sanzioni disciplinari per i magistrati che non rispettano i tempi indicati. Il che, però, oltre a essere inefficace, appare perfino controproducente. E così il Pd propone una soluzione completamente diversa, ricalcata sul modello spagnolo. Propone, cioè, l’improcedibilità dell’azione penale scaduti i tempi previsti per l’appello, in caso di sentenza di assoluzione in primo grado. Se invece in primo grado si è giunti a una condanna, si prevede un doppio termine per l’appello: oltre una certa durata, uno sconto di pena di un terzo; se invece i tempi si prolungano oltremodo, anche qui scatta l’estinzione del reato. Tutto sta a indicare le scadenze esatte delle fasi processuali: un onere che il Pd assegnerebbe al governo con una delega specifica.

 

L’altro fronte esplosivo, a leggere gli emendamenti del Pd, è quello dei riti alternativi: e anche in questo caso il Nazareno si orienta con la bussola del Pnrr, laddove il documento si concentra “sulla possibilità di estinguere talune tipologie di reato mediante condotte riparatorie a tutela delle vittime”. Qui il riferimento è la Germania, che riesce a smaltire quasi 200 mila procedimenti all’anno grazie all’istituto dell’archiviazione condizionata, secondo il quale il pm può imporre all’imputato l’obbligo di alcuni atti riparatori (da risarcimenti pecuniari a lavori socialmente utili) all’adempimento dei quali si procede automaticamente all’archiviazione del reato. 

 

Il tutto, ovviamente, nell’attesa di conoscere, entro venerdì prossimo, quali saranno gli emendamenti depositati dagli altri partiti. Prima ovviamente della scadenza più importante: quella dell’8 maggio, quando a consegnare alla commissione Giustizia di Montecitorio le proprie proposte correttive sarà Via Arenula. La Cartabia ha chiesto al suo gruppo di lavoro sulla riforma del processo penale di stringere i tempi: e per questo tra oggi e giovedì il comitato di giuristi si riunirà per tre volte, per poi darsi appuntamento a mercoledì 5 maggio per la plenaria conclusiva. Dopo la quale, stando a quel che trapela, si proporrà anche d’inserire nella riforma del processo anche il divieto d’impugnazione da parte del pm delle sentenze d’assoluzione

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.