Tensioni a Via XX Settembre
Quota 100 e Superbonus: così Franco deve destreggiarsi tra Bruxelles e i capricci di Lega e M5s
Le trattative sul Pnrr viste dal Mef. Il pressing di Salvini sulle pensioni, le gazzarre grilline, le mediazioni con la Commissione europea. Il ministro prova a suonare la fine della ricreazione: "Potevamo fare meglio, ma se non la smettiamo con le rivendicazioni di parte possiamo far peggio"
La constatazione a posteriori, quel suo “si poteva fare meglio” sibilato ai collaboratori, forse quasi non varrebbe d’essere riferito, se non fosse che, nei pensieri di Daniele Franco, quella riflessione si fonde col monito per il futuro: “Ma si potrà fare peggio, se si insiste con le rivendicazioni di parte”. Parla del Pnrr, il ministro. E lo fa col tono di chi prova a suonare la fine della ricreazione, confidando solo in parte, però, sulla collaborazione dei partiti.
Che non sia esattamente il senso di responsabilità collettiva, a ispirare la condotta delle forze di governo, Franco se n’è reso conto, una volta di più, tra giovedì e sabato scorso. Quando una metà dei suoi assistenti lo cercava per aggiornarlo sull’evoluzione delle gazzarre tra Pd, Lega e M5s nel mentre che l’altra metà lo aiutava nei colloqui ben più delicati che lui teneva coi funzionari di Bruxelles, preparando il campo alla telefonata decisiva, quella tra Mario Draghi e Ursula von der Leyen. E se la grammatica dello scontro politico non è certo aliena a chi è stato a lungo nella trincea della Ragioneria generale resistendo a pressioni e calunnie d’ogni tipo, è pur vero che, visti dall’osservatorio di Via XX Settembre, certi bisticci degli ultimi giorni sono parsi davvero miseri.
Come quello intorno a Quota 100, tutto consumato intorno a un puntiglio formale. Perché la scadenza a fine 2021 della riforma grilloleghista delle pensioni è fissata sin dalla sua introduzione. E di certo, ha spiegato Franco ai colleghi di governo, in una fase in cui con Bruxelles bisognerà negoziare su tante partite complesse, non sarà certo il caso di aprire un nuovo fronte di conflitto. “Se siamo tra i pochi paesi che non si sono visti ricevere raccomandazioni severe dalla Commissione sul sistema previdenziale - ha insistito il ministro - è proprio perché c’è un impegno chiaro e definito a non prorogare Quota 100”, che del resto già parecchi rimproveri da parte delle istituzioni europee è costata al nostro paese negli ultimi due anni e mezzo. “Ma noi comunque la difenderemo”, insistevano, di rimando, dal quartier generale della Lega. Dove Matteo Salvini esortava i suoi alla battaglia: “Lasciate che a litigare con la Cgil siano i ministri del Pd”.
E così il compromesso è stato suggerito da uno stratagemma quasi puerile: perché è bastato togliere dal testo del Pnrr le due parole “quota” e “100”, perché le proteste del Carroccio si placassero. Pazienza se poi la ricetta indicata a pagina 32 del Pnrr (“si richiede di attuare pienamente le passate riforme pensionistiche al fine di ridurre il peso delle pensioni di vecchiaia nella spesa pubblica e creare margini per altra spesa sociale e spesa pubblica favorevole alla crescita”) è la riproduzione letterale del paragrafo 12 delle Raccomandazioni del Consiglio dell’Ue del 5 giugno 2019: quello in cui Bruxelles condannava Quota 100 invitandoci, guarda un po’, ad “attuare pienamente le passate riforme pensionistiche al fine di ridurre il peso delle pensioni di vecchiaia nella spesa pubblica e creare margini per altra spesa sociale e spesa pubblica favorevole alla crescita”.
D’altronde, se l’incapricciarsi di Salvini aveva un fondamento, lo trovava proprio nell’ostinazione con cui il M5s insisteva a chiedere, sul Superbonus, delle garanzie che o aveva già ricevuto, o sapeva già di non potere avere. “Anche il mio predecessore vi aveva spiegato perché la proroga della misura fino al 2023 era in conflitto con le regole del Pnrr”, spiegava Franco. “Ma dobbiamo avere la certezza che verrà finanziata comunque”, ribattevano i ministri grillini. Consci però che quella certezza già ce l’avevano rispetto alla legge di Bilancio. E sembrava chiusa lì. Se non fosse che poi, tra le proposte di emendamento che i senatori del M5s hanno presentato al dl “Sostegni” - in una dialettica così complicata che solo ieri, sul dossier, il Mef ha dovuto sovrintendere a due diverse riunioni di maggioranza nel giro di due ore - è arrivata quella di richiedere l’attuazione automatica della proroga del Superbonus “al primo provvedimento economico utile”, quindi già col prossimo scostamento. E a quel punto i tecnici di Via XX Settembre hanno allargato le braccia. E intanto mentre Draghi, nell’Aula di Palazzo Madama, ripeteva “che nel realizzare i progetti, ritardi, inefficienze, miopi visioni di parte anteposte al bene comune peseranno direttamente sulle nostre vite”, il ministro Franco, alla sua destra, sospirava con l’aria di chi sa.