la strategia della lega

Il rischio ragionato di Salvini: "Il prossimo fronte è sul Recovery"

Valerio Valentini

Le rassicurazioni del leghista a Draghi: "Presidente, fidati di noi". Il patto di ferro con Tajani contro la Gelmini. L'intesa con Renzi sul coprifuoco. Gli ammiccamenti con Di Maio. "Così Letta non ha spazio". E sul Codice degli appalti ci sarà la nuova battaglia

A modo suo, si è scelto anche lui un “rischio ragionato”. Perché, è evidente, l’operazione di Matteo Salvini è azzardata, non c’è dubbio: “Alimentare questa tensione costante non è accettabile”, s’è infatti sentito ripetere, ancora due giorni fa, Giancarlo Giorgetti da Mario Draghi. E però, con l’aria dello scolaro indisciplinato che cerca la riabilitazione, proprio il leader della Lega ha chiesto audizione al premier. Lo ha raggiunto lì, al centro dei banchi del governo, davanti a tutti perché tutti vedessero, nell’Aula del Senato. E gli ha rinnovato il suo atto di fede: “Sul nostro sostegno, caro presidente, potrai sempre contare”.

 

Ne è seguito un colloquio in cui Draghi, dopo aver ribadito che “certi toni non possono essere più accettati”, ha per lo più ascoltato. E si è sentito rassicurare che no, “l’iniziativa della raccolta firme contro il coprifuoco non implica in alcun modo un’ostilità verso l’esecutivo”, ma è semmai un gesto di lealtà. “Perché noi, presidente, quando siamo contrari te lo diciamo apertamente”, ha spiegato Salvini. Che ha anzi rivendicato l’utilità della sua condivisione scomposta, un poco recalcitrante, dell’agenda di governo. “C’è un pezzo di elettorato, che va al di là del mio partito, che non comprenderebbe certe scelte sulle chiusure. E dare copertura a quella fette di elettorato serve anche a garantire una base di consenso più ampia a questo governo”, ha proseguito Salvini.

 

E sarebbe arduo, ora, stabilire fino a che punto il segretario della Lega sia stato convincente. Quel che è certo è che si è convinto, lui, che in fondo la linea del Carroccio è corretta. Che, insomma, si può proseguire con questa strategia della tensione di lotta e di governo, con la premessa però che è solo stando nel governo che si può fare la lotta. Certo, c’è da sorbirsi di tanto in tanto le ramanzine di Giorgetti, che ormai del resto s’è abituato a questo gioco delle parti, e a Draghi racconta di come spesso Matteo si penta da solo di certi suoi eccessi. Certo, bisogna calcolare bene il punto di non ritorno, “perché la gente” , come ripete Giorgia Meloni ai suoi parlamentari per rassicurarli che la strategia del logoramento verso l’amatissimo rivale funziona, “si stanca presto di chi sta al governo facendo sempre la voce critica”. Ma in fondo, è un azzardo che va tentato. Un rischio ragionato, appunto.

 

E infatti ai suoi colonnelli Salvini ha già indicato il prossimo fronte di guerra: “Sul Codice degli appalti dobbiamo essere perentori: bisogna adottare la normativa europea, e vedere cosa ne pensano gli europeisti”, se la ride l’ex ministro. Al punto che Edoardo Rixi già si lancia in un annuncio, scherzando chissà quanto: “Sarà quella la prossima raccolta firme”, sorride, sapendo che in fondo già nel Pnrr viene indicata la necessità di snellire le procedure adottando le direttive comunitarie del 2014 e rifarsi sul resto alle stringate normative sugli appalti tedesche e inglesi.
C’è un filo, d’altronde, che unisce la battaglia contro il coprifuoco e quella per la semplificazione delle leggi sugli appalti. “Dobbiamo essere noi il partito della crescita”, insiste Salvini coi suoi colleghi, opponendosi idealmente al partito dei “valori” incarnato dall’alleanza rossogialla.

 

E del resto è insistendo su questa linea di faglia che il segretario della Lega ha capito di riuscire a restringere lo spazio di manovra di Enrico Letta. Se ne è convinto anche giovedì, quando ha ricevuto nel suo studio Licia Ronzulli e Antonio Tajani, e insieme a loro ha saldato i legami del “centrodestra di governo”, il che ha significato anche pretendere che i vertici di Forza Italia, privi al momento delle indicazioni chiare di un Cav. costretto ancora in ospedale, richiamassero all’ordine  quella capo delegazione al governo, Mariastella Gelmini, troppo spesso accusata di intendenza col nemico. E non è stato un caso che, proprio mentre si chiudeva l’incontro a Palazzo Madama, alla Camera Roberto Occhiuto, capogruppo assai vicino alla Gelmini, decidesse di assecondare lo strappo leghista sugli ordini del giorno. Né è stata priva di significato, ieri, la visita di cortesia di Salvini a Renato Brunetta, col quale nei mesi passati erano volate parole grosse di reciproco sdegno.

 

Ma a persuadere Salvini della bontà dell’azzardo, della guerriglia quotidiana, c’è anche una sintonia sempre maggiore con quel centro fluido da cui un tempo doveva guardarsi le spalle. D’altronde è proprio stando in maggioranza che Salvini sa di poter ostacolare qualsiasi ipotesi di ritorno a quel proporzionale che rimescolerebbe carte e confini delle coalizioni. E così, mentre Letta incontrava i leader del Movimento dei repubblicani europei, mercoledì Salvini si scambiava, una volta di più, parole d’intesa con Matteo Renzi. Che al leghista parlava di quanto fosse folle, per il Pd, “intestarsi la difesa ideologica del coprifuoco”. “Del resto se anche dicessi che il sole sorge a est, loro per puntiglio direbbero il contrario”, ha scherzato Salvini. Di lì, poi, una consonanza di toni e di tattiche d’Aula, dalla commissione d’inchiesta sulla pandemia fino alle riaperture. “Tanto sul coprifuoco è già scritto che a metà maggio si dovrà almeno posticipare di un’ora le chiusure”, convengono i due leader. I quali sanno che in fondo anche Luigi Di Maio scalpita non poco, all’ombra di un Giuseppe Conte perennemente in divenire e di un’alleanza col Pd che finora non ha prodotto un accordo neppure su una delle grandi città in vista delle amministrative. E sarà magari una recita fin troppo sbracata, ma anche il corteggiamento spudorato che il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri, grillino di complemento, sta ricevendo dal capo del Carroccio, è il segno di un’attenzione reale, per nulla disinteressata, ai malumori del M5s. Un rischio pure questo, forse. Ma pure questo, evidentemente, ragionato. 
   

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.