Coprifuoco amico
La Lega fa sapere che i ministri hanno firmato no al coprifuoco. Ma dove stanno le firme?
Filtra la notizia che Giorgetti, Garavaglia, Stefani abbiano sottoscritto la petizione ma sa di patacca
Matteo Salvini vuole esibire le firme dei suoi ministri. Il tentativo ragionato di indebolire Giorgetti e la mancanza di grammatica istituzionale non possono che irritare Palazzo Chigi. Nessuno dei tre ministri ha rivendicato la firma.
Roma. E’ così che intende dimostrare la sua responsabilità? Crede che mettendo in difficoltà i suoi ministri sarà meglio ascoltato da Mario Draghi? Se Matteo Salvini non ha votato la sfiducia a Roberto Speranza è solo perché si trattava di un dispositivo finale. Non vuole questo. Vuole che il governo viva ogni giorno come fosse l’ultimo giorno. Quella che si racconta è una storia che dice tutto. Spiega che la sua frenetica attività ha tra i tanti obiettivi pure un altro: costringere Giancarlo Giorgetti a uscire dal partito, metterlo in imbarazzo con il premier.
Il 27 aprile, alle 19,42, appare infatti un lancio d’agenzia. Riporta che la petizione della Lega #nocoprifuoco è stata sottoscritta dai tre ministri leghisti. Si tratta di Erika Stefani, Massimo Garavaglia e Giancarlo Giorgetti. Se fosse un leader responsabile, se conoscesse la grammatica, capirebbe che una notizia del genere non può che indebolire la sua delegazione. E’ la fiducia che un premier ha nei suoi ministri a essere compromessa. La nota d’agenzia informa che la sottoscrizione “è confermata da fonti della Lega”. In questo caso non dovrebbero essere i ministri leghisti a smentire. Dovrebbe essere la Lega. Ovviamente non lo ha fatto.
Se Salvini avesse voluto tutelarli, se solamente le sue promesse fossero autentiche (“proponiamo soluzioni concrete”) non li avrebbe esposti ed esibiti come trofei di caccia di questa battaglia. A cosa gli servivano quelle tre firme? Solo alla sua vanità, la vanità di un segretario a corto d’attenzione. Quale premier non si infastidirebbe nel leggere che tre ministri sono insubordinati e subordinati all’umore di Salvini? Sapere che tre ministri del suo governo firmano l’abolizione di una norma di governo, chi farebbe sorridere? La notizia dell’agenzia è arrivata a Palazzo Chigi. Se non si chiamasse Draghi e se non fosse impegnato a occuparsi del resto, avrebbe chiesto ai ministri della Lega spiegazioni. Non lo ha fatto per non enfatizzare, perché pensa che serva “coraggio”. In tutti i sensi. E’ rimasta la smorfia.
Da quello che si è capito — e in questo giallo delle firme non si è capito — ci sono ministri leghisti che hanno firmato “a titolo personale”. Sarebbe bastato rileggere quanto ha detto Draghi su “coscienza” e “scelta” per immaginare quale sia la sua opinione in merito: “I ministri sono ministri”. Cosa significa a “titolo personale”? Sono ministri della nazione o a titolo personale? Non sono che espressioni infelici. Ci sarebbe poi da discutere su queste firme. Al momento non l’ha rivendicata nessuno dei tre. Salvini, cosa farà? Organizzerà per loro un banchetto e li obbligherà a firmare? La questione non è il coprifuoco. E’ una misura che, come si è scritto, verrà superata e non certo perché lo chiede Salvini. L’ha politicizzata al punto che quello che era promesso, ridiscuterlo, finirà per non esserlo.
La questione riguarda la natura di un leader che non sopporta di stare fuori (fisicamente) dal governo. Alla formazione dell’esecutivo aveva rivendicato per se stesso un ministero. Va dunque raccontato quello che pensano le persone di vera responsabilità. Pensano che questa contesa sul coprifuoco (che non è finita) sia solo “una battaglia di facciata” e che “non ci si occupa di sgambetti fra partiti”. Pensano che “tra quei ministri ci sia chi la firma non l’ha messa. Dunque il caso non diventa un caso. Sapere questo è confortante”.
Non c’è dubbio che Salvini sia un segretario straordinario. In pochi mesi è riuscito a costringere il suo capo delegazione a firmare accordi e ridiscuterli dentro il Cdm, ordinato di astenersi. La petizione, e la notizia che l’abbiano firmata, gli sarà sembrata una furberia: “Vedete che qui comando io? Fanno quello che dico”. Non è Speranza che Salvini vuole in realtà sfiduciare. Utilizza tutti i trucchi per sabotare i suoi leghisti di unità nazionale. Si offende quando i ministri non lo citano. Deve essere contento. Giorgetti è deluso e amareggiato. Grazie alla sua preziosa attività da agitatore vuole condurlo a un gesto politico. Vuole farlo avvicinare lì dove non si può tornare indietro. Lo isola per non riconoscere che il vero naufrago è lui.