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Appello al governo per salvare un'eccellenza del sud: il Sah

Francesco Aiello

La Clinica Sant'Anna hospital è un vanto per la Calabria delle contraddizioni. Da quattro mesi però l'Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro ne ha sospeso l'attività

Al direttore - La sanità calabrese è entrata a pieno titolo nelle cronache del paese da parecchi mesi: a fine 2020 per la telenovela legata alla nomina del commissario straordinario, da ultimo per i ritardi nella somministrazione dei vaccini Covid-19. Tuttavia, la Calabria è terra di contraddizioni. Una regione in cui è frequente osservare picchi verso il basso, ma anche verso l’alto. Questa polarizzazione interessa anche la Sanità e, in particolare, il comparto delle malattie cardiovascolari, i cui fabbisogni sono soddisfatti in larga parte in altre regioni. In Calabria, il ruolo chiave è svolto dalla Clinica Sant’Anna hospital (Sah) di Catanzaro, che appartiene al privato convenzionato.

 

Da anni il Sah è certificato dall’Agenzia Nazionale del Ministero della Salute come una delle prime tre case di cura italiane in termini di morbilità e mortalità. Il Sah è un’eccellenza nell’ambito cardiovascolare. Un vanto per la Calabria delle contraddizioni. Tuttavia, la clinica sta attraversando una crisi iniziata a ottobre 2020 con l’inchiesta Cuore matto e culminata il 23 dicembre 2020, quando l’Azienda sanitaria provinciale (Asp) di Catanzaro ne ha sospeso le attività a carico del Ssn. Durante questi quattro mesi si è assistito ad una sequenza di delibere dell’Asp, di ricorsi al Tar e di ricerca di confronti con l’Asp. Tutto vano. La clinica non ha ancora ripreso le attività. Vediamo il perché.

 

Ai tempi della sospensione dell’accreditamento – dicembre 2020 - l’Asp di Catanzaro ha chiesto alla clinica di adempiere alcune prescrizioni, pena il mancato rinnovo dell’accreditamento. Prescrizioni  ottemperate, poiché di fatto si trattava di condizioni tanto banali (per es., riduzione di un posto letto di una stanza, segnaletica) che è un azzardo ritenerle alla base della sospensione. A seguito dell’adeguamento della struttura, il Sah ha atteso con fiducia la decisione del commissario Longo di rinnovo dell’accreditamento. Il decreto commissariale arriva l’11 marzo. Seguono giorni di fibrillazione per la riapertura delle sale operatorie del Sah, ma l’ultima tegola è del 23 marzo, quando l’Asp delibera di non sottoscrivere il contratto per il 2020 a causa dell’inchiesta in corso Cuore matto, che è, quindi, il vero motivo dell’irrigidimento dell’Asp.

 

L’indagine Cuore matto riguarda rimborsi per prestazioni mai erogate dell’Unità terapia intensiva coronarica. Ad oggi, da questa inchiesta è scaturito il sequestro di circa 3 milioni di euro e l’interdizione del precedente management. La vicenda giudiziaria avrà il suo corso, ma è utile ricordare che gli indagati non svolgono più alcun ruolo all’interno del Sah.  A tal riguardo, il Gip del tribunale di Catanzaro ha ritenuto che l’attuale governance (rinnovata) sia idonea per gestire la società. Dall’udienza preliminare – fissata a giugno 2021 – si capirà se ci saranno rinvii a giudizio e, quindi, l’avvio del processo. Ma è in base a questo procedimento che l’Asp non ha firmato il contratto 2020: l’Asp non firma il contratto “sino al completo chiarimento della situazione ancora sub judice”, cioè sino al completo chiarimento dell’inchiesta “Cuore matto”, che, però, nulla ha a che fare con l’attuale governance della società.

 

E’ evidente che il mancato introito delle prestazioni per il 2020 – un debito dell’Asp di circa 24 mln di euro – segnerebbe il fallimento della società. E’ chiaro che per le caratteristiche della clinica, la capacità regionale di far fronte alla domanda di cure cardiovascolari è dipendente dalla struttura di Catanzaro. Se si blocca il Sah, è l’intero sistema che va in corto circuito. L’effetto, quindi, di mantenere chiusa la clinica Sah è devastante. Possiamo fare un esercizio per avere un’idea del danno legato all’inattività del Sah. Considerando solo la cardiochirurgia, è ragionevole affermare che in quattro mesi il Sahavrebbe curato 300 pazienti. Di questi, alcuni, pochi, sono stati trattati in regione. Altri sono stati curati in Campania, con oneri aggiuntivi per regione e famiglie. La maggioranza si è dovuta accollare il rischio dell’attesa. Ma è un rischio elevato, perché il tempo è cuore: intervenire entro poche ore dall’insorgenza di un sintomo incrementa il tasso di sopravvivenza. Qua si parla di quattro mesi di inattività del polo di eccellenza della cardiochirurgia calabrese.  E’ opportuno che il governo mandi ispettori per risolvere il caso e restituire alla Calabria e al Mezzogiorno un riferimento per le cure delle malattie cardiovascolari.

 

Francesco Aiello
Ordinario di Politica economica (UniCal)

 

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