Sbertucciata perfino da Fedez
La Rai è il fondaco dei Don Abbondio. Parlano Marino Sinibaldi e Aldo Grasso
Grasso: "E' l'Alitalia del tubo catodico". Ci voleva Fedez per accendere un'azienda spenta
Fa elevare Fedez a Pasternak e non riesce neppure a raccontare l'unica notizia che ha tra le mani. "Il problema è che è un'azienda di impauriti". Un racconto insieme ad Aldo Grasso e all'ex direttore di Radiotre, Marino Sinibaldi
E’ mai possibile che non gli sia venuto in mente? Come fanno a non capire che questo pasticcio è la loro più grande fortuna? Solo i direttori, i giornalisti Rai non si sono accorti che sono loro la notizia e che il guaio vero non è la (non) censura a Fedez, ma un altro: non sapere raccontarla. Dice Marino Sinibaldi, voce e direttore di Radiotre per dodici lunghissimi anni e oggi in pensione, che “in qualsiasi giornale la prima reazione sarebbe stata di sorpresa ma subito dopo la domanda sarebbe stata questa: adesso facciamola nostra, favoriamo un dibattito sul ddl Zan. Cosa ci inventiamo per mantenere alta la notizia?”. Solo un paese mezzo tonto può credere che Fedez sia il nuovo Pasternak e che questa Rai così malridotta abbia la grandezza degli inquisitori. E infatti, spiega Sinibaldi, “siamo di fronte a un caso di studio. La censura non c’è stata ma è passata l’idea che la Rai abbia censurato. C’era un solo modo per farsi male e la Rai purtroppo ci è riuscita”. Sbaglia chi continua a pensare che il grande problema della televisione pubblica sia la lottizzazione e che liberandola dai partiti si libererà finalmente da tutti i guasti, da tutte le tare che si trascina.
La Rai è malata di paura. E’ il sanatorio dell’informazione. E’ il fondaco dei nostri Don Abbondio. Se lo chiede Aldo Grasso che è il Tacito dell’antenna, editorialista del Corriere della Sera: “Come si sarebbe comportato l’artista Fedez se al telefono ci fosse stato un uomo come Angelo Guglielmi? Molto probabilmente non avrebbe osato fare lo spavaldo. Qualsiasi editore ha una sua linea. La verità è che la Rai non ha neppure la forza di precisarlo. Fedez scambia per censura il sapere stare al mondo, le buone maniere. La Rai non è la sua buca delle lettere”. Vuole dire che la Rai andrebbe restituita a direttori che anziché spaventarsi di Fedez abbiano la forza di invitarlo a duellare con la Lega di Matteo Salvini o chi per lui. Un direttore come Sinibaldi, ad esempio, non si sarebbe lasciato sfuggire questo formidabile avvenimento. Da quella telefonata si potevano costruire almeno tre programmi: “Innanzitutto un programma di fact checking. Verificare se le frasi dei consiglieri leghisti sono vere. Chiamarli e chiedergli: ma pensate ancora questo? Cosa leggete? Come vivete? Spiegare una volta per tutte il testo Zan. E ancora, perché no? Allestire un programma in prima serata, un confronto tra Fedez e Salvini. C’è qualcuno che non l’avrebbe guardato? Quale giornale ha paura del suo scoop? Fedez era, ed è, una pepita d’oro per la Rai”.
E invece da questa Rai le persone serie se ne scappano, i migliori si pensionano. Repliche che si replicano, presidenti azzoppati che non si sa cosa facciano, programmi smandrappati che nessuno guarda, neppure chi li fa. Dice Grasso che la Rai “è l’Alitalia del tubo catodico” e che per salvarla non basta farne una nuova. Lui suggerisce la fondazione e l’abolizione della Commissione di Vigilanza che è una parodia sovietica (ha già convocato il direttore di Raitre, Franco Di Mare). A ragionarci, solo questa azienda poteva innalzare Fedez a nuovo Pasolini, solo la Rai poteva farsi mettere nel sacco da un artista “furbo”, un rapper che “del ddl Zan non gli interessa nulla”, “un profeta che scatena truppe d’assalto” (è sempre Grasso a pensarlo) e che ha attaccato “dei deficienti e degli illustri sconosciuti”. Si domanda Grasso: “Come sarebbe stato importante se un artista con la forza di Fedez si fosse scontrato contro Beppe Grillo. Perché non gli ha chiesto conto di quel video orribile in difesa del figlio?”.
Non è Fedez ad aver bisogno della Rai per comunicare (insieme alla moglie Chiara Ferragni ha quattro volte i suoi spettatori medi”). E’ la Rai ad avere un problema di comando e anche di lingua. Fa notare giustamente Sinibaldi che un dirigente che parla di “sistema” non è un pericolo per la libertà d’espressione ma un uomo che andrebbe allontanato per la lingua che utilizza. “Sistema è parola che si usa nei clan, nella camorra. E per carità, non scherziamo. In Rai non c’è un ‘sistema’”. C’è infatti qualcosa di peggio. Non è più magnetica, non è più attrattiva. Lei, Aldo Grasso ci andrebbe? “In questa situazione mai. E’ ingovernabile. Sarebbe come andare a vegliare un’azienda in agonia”. Le firme più brillanti del giornalismo non vogliono saperne. Se sono pensionati non possono per legge. Chi non lo è ancora non vuole compromettere la sua salute. La politica ci colloca i suoi esodati. Magari ci fosse stata la censura. Censurare Fedez sarebbe stato pur sempre un segno di vitalità mascalzona, il timbro di un’azienda che è ancora la prima azienda culturale. Neppure questo sanno fare. Non è la Rai che ha oscurato Fedez. E’ Fedez che ha acceso un’azienda spenta. Bisogna dirgli perfino grazie.