Tra nomi e riforme
In attesa di un metodo Draghi per la Rai
Attrattività appannata per la tv di stato, a monte e a valle del caso Fedez
"Metodo Arcuri-Figliuolo" per Viale Mazzini? Alto dirigente come ad? Riforma della governance? Dubbi e paludi prima della scadenza del cda
Che cosa fare con la Rai e della Rai, questo è il problema, a monte e a valle del caso Fedez. E da Viale Mazzini si guarda a Palazzo Chigi, in cerca di lumi sul metodo che il premier Mario Draghi intende seguire in vista della prossima scadenza dei vertici della televisione pubblica, a fine giugno. Seguirà il metodo anche detto “Arcuri-Figliuolo”? si domandano dalle aule parlamentari, dove ieri ci si diceva da più parte convinti che Draghi intenda puntare sulla “competenza di un alto dirigente” per la carica di amministratore delegato e che su questo, come sulla nomina del presidente di garanzia, voglia decidere in prima persona, attraverso il Mef, lasciando i partiti a discettare dei consiglieri (i nomi di “area” sono stati fatti, a partire dal Pd, che vorrebbe Silvia Costa e Flavia Barca, sorella di Fabrizio, e dalla Lega, che ha pensato a Francesco Storace). E però non vuole agire subito, sulla Rai, il governo, nonostante la partita nomine delle partecipate sia in pieno svolgimento (“ci sono altre priorità”, è la linea), e anche al Mef ci si fa vedere concentrati sul dopo Pnrr più che sui nomi per Viale Mazzini.
Tuttavia da giorni due profili spuntano nelle conversazioni sul futuro della Rai: quello di Tinny Andreatta – già direttore di Rai Fiction oggi a Netflix (“è stata a lungo interna, caratteristica che la rende adatta in tempi in cui si preferisce andare su persone che conoscano bene la tv pubblica”, dice un dirigente Rai) – e quelli di Paolo Del Brocco (vertice di RaiCinema) e Paolo Ciannamea (vertice dei Palinsesti).
Fuori dalla Rai, oltre a Fabio Vaccarono (Google) e Carlo Nardello (Tim), si è pensato, sempre per la carica di ad, a un profilo alla Andrea Scrosati, group chief operating officer di Freemantle, già Executive Vice President Programming a Sky, anche se il ruolo di Scrosati – con gli occhi su 31 paesi in un gruppo che fattura 2 miliardi – rende non così probabile l’eventuale cambio in favore di Viale Mazzini. Non c’è la fila fuori dalla porta neppure per la carica di presidente di Garanzia, se è vero che Ferruccio De Bortoli, uno dei favoriti, non sembra al momento incline (e però c’è chi fa il paragone con Draghi: “Anche lui diceva sempre no, ma poi…”). E insomma l’attrattività appannata della Rai, di nuovo in luce nelle sacche del caso Fedez, rende complicata la gestione delle nomine, tanto più che la polemica del primo maggio ha ricaschi per così dire esteri: l’eurodeputato M5s Dino Giarrusso ha presentato un’interpellanza al Parlamento Ue per chiedere “che venga monitorato il sistema mediatico italiano tanto quanto quello di altri Paesi come l’Ungheria”.
Intanto in Commissione di Vigilanza, domani sera, sarà audito il direttore di Rai 3 Franco Di Mare. Dice Michele Anzaldi, deputato di Italia Viva e segretario della commissione stessa: “Il caso Fedez è l’apice del fallimento Rai targato M5s, e comunque io non consiglio al governo di temporeggiare: occuparsene ora è doloroso, ma sopportabile. Se si aspetta si rischia di non poter avere in Cda persone di livello altissimo che io pensa debbano al momento occuparsi di tv pubblica”. I curricula sono stati depositati alla Camera e in Senato, ma i tempi stringono. “Il problema è la scelta delle persone, che vengono scelte non per il curriculum. Draghi oggi può scegliere persone efficienti e chiedere ai partiti di esprimere consiglieri di amministrazione di qualità. Ma bisogna sbrigarsi”. Ma è possibile la discontinuità di metodo quando si parla della Rai, considerata da molti non riformabile? Il coro è “fuori i partiti”, ma come? E se per il presidente della Camera Roberto Fico serve “una discussione sulla riforma della governance” ma “allo stesso tempo non ci può essere una legge se non cambia la cultura”, quasi tutti i partiti rimirano le tante proposte depositate in Parlamento (ancora ferme): una fondazione per liberare la Rai dai partiti? Un consiglio di sorveglianza? Una revisione in tema di compensi e di canone? L’abolizione della Vigilanza e un ruolo centrale per l’Agcom? Unica certezza: non si ancora né quando né come se ne parlerà.