Giravolte
Tridico, l'apostata
Il capo dell’Inps ora boccia Quota 100. Rottama se stesso, Di Maio, Salvini e riabilita la Fornero
L’arrivo di Mario Draghi al governo ha impresso un cambiamento nella linea dei partiti e anche nelle convinzioni di alcuni singoli. Non si sa se la trasformazione sia avvenuta per opportunismo o per convincimento, ma in alcuni casi le conversioni sono sorprendenti per quanto profonde e repentine. La più clamorosa è quella del presidente dell’Inps Pasquale Tridico che, in un’intervista del 1° maggio al quotidiano comunista il manifesto appare un sostenitore della prof. Elsa Fornero. Tridico, infatti, boccia senza appello Quota 100: “Il problema dell’innalzamento dell’età pensionabile esiste, ma non si può continuare ad affrontarlo aggravando l’iniquità intergenerazionale e inserendo quote fisse che non fanno altro che continuare a ingessare il sistema”, dice.
“Al contrario – prosegue il presidente dell’Inps – dobbiamo trovare un percorso condiviso che col tempo ci permetta di arrivare a una situazione che sia flessibile ed intragenerazionalmente equa”. Parole, dicevamo, che sono in linea con le riflessioni della Fornero, autrice della riforma pensionistica tanto contestata da M5s e Lega, che punta ad avere un sistema previdenziale sostenibile e che non bruci risorse che invece dovrebbero servire per abbassare le tasse, fare investimenti e creare posti di lavoro e nuove opportunità per i giovani. Si tratta di una visione più austera di quella della Lega che intende riproporre lo stesso schema del governo gialloverde, anche se meno generosa del precedente: Quota 102. E, quella di Tridico, è ovviamente un’impostazione contrapposta alla linea dei sindacati che propongono una Quota 62 (di età) o una Quota 41 (di contributi) che sarebbero ben più costose di Quota 100. La pseudo-riforma del governo gialloverde è sicuramente il provvedimento peggiore della stagione populista, contestato da tutte le istituzioni internazionali.
Non solo è costata un sacco di miliardi, spesi per creare pensionati anziché lavoro, ma essendo una finestra provvisoria, ha prodotto la formazione di uno scalone al suo termine. Insomma, non ha risolto alcun problema strutturale, ma ne ha creato uno nuovo. Sulla bocciatura delle caratteristiche fondamentali di Quota 100 – iniquità intergenerazionale e quote fisse che ingessano il sistema – non si può che essere d’accordo con Tridico. A patto, però, di ignorare o dimenticare, cosa abbia pensato e rappresentato Tridico fino a oggi. Il presidente dell’Inps è stato infatti l’artefice di Quota 100. Da candidato fantaministro del Lavoro del M5s l’ha proposta in campagna elettorale; da consigliere economico del ministro del Lavoro Luigi Di Maio ha contribuito alla sua scrittura al governo; infine l’ha attuata da presidente dell’Inps. E sempre, almeno fino a ora, l’ha difesa. Sostenendo argomenti completamente opposti a quelli odierni.
Altro che iniquità intergenerazionale, Tridico in tutte le sue molteplici vesti non solo ha sostenuto che Quota 100 non danneggiasse i giovani, ma ha avuto il coraggio di dire che fosse una riforma a loro favore. La vendevano come una norma per favorire il “ricambio generazionale”, Tridico era in prima linea a garantire – da economista – che ci sarebbe stato un rimpiazzo del 100 per cento: fuori gli anziani e dentro i giovani. Addirittura ha affermato che Quota 100 ha avuto “effetti lievemente positivi” sul mercato del lavoro. Una tesi smentita da Corte dei conti, Banca d’Italia e Osservatorio sui conti pubblici, secondo cui questo turnover con i giovani non c’è stato e Quota 100 ha avuto un impatto negativo sull’occupazione. Ora il presidente dell’Inps la pensa all’opposto di se stesso: Quota 100 è un danno per il paese. Ma responsabile del danno è chi l’ha voluta.