Guido Crosetto (foto LaPresse)

Il colloquio

Crosetto: "Noi senza candidati? La politica ormai è per chi non ha nulla da perdere"

A Roma e Milano il centrodestra non riesce a trovare nomi spendibili: un caso che può avere però una spiegazione

Luca Roberto

"Chi vuole fare il sindaco deve dare per scontato di entrare in un girone dantesco. La gente considera i politici degli schiavi da pagare poco. Per questo ho lasciato il Parlamento". Parla l'ex deputato di FdI

Erano l'ultimo appiglio per i partiti a caccia di risolutori, uomini e donne al posto giusto nel momento giusto per fare della politica una branca del management. Erano. Perché la stagione dei Guazzaloca, Albertini & Co. appare oramai un detrito del passato. Non replicabile. Al punto che il centrodestra a meno di sei mesi dalle amministrative non ha ancora un candidato unitario di coalizione né a Milano né a Roma, dopo i dinieghi di Albertini (sempre lui) e Bertolaso. Eppure solo cinque anni fa, nel capoluogo lombardo Salvini, Meloni e Berlusconi schierarono il manager Stefano Parisi dopo essersi fatti soffiare Beppe Sala, che era stato segretario generale del comune con Letizia Moratti, dal centrosinistra. Perché adesso coloro che hanno avuto successo nella vita, rifuggono l'agone politico?

 

“Per prima cosa, facendo il sindaco metti in conto di ricevere un avviso di garanzia entro un anno e mezzo e un rinvio a giudizio entro due anni, anche se ti comporti come San Francesco. Se poi sei di centrodestra, puoi rimanere in attesa di giudizio, ma infangato, per anni ed anni”, spiega al Foglio Guido Crosetto, fondatore di Fratelli d'Italia, che il Parlamento l'ha lasciato nel 2014 e poi ancora nel 2019. Dando priorità all'attività da imprenditore, e lasciandosi alle spalle l'esperienza nelle istituzioni. “Sono state costruite leggi per cui chiunque faccia politica debba allontanarsi da tutto il resto, tagliando il cordone ombelicale con qualsiasi tipo di legittima attività. Da 'persone politicamente rilevanti' si diventa ipercontrollati, perché ognuno deve poter andare a vedere se quella persona nasconde qualcosa. Si entra in un girone dantesco, solo per il fatto di aver scelto di impegnarsi in politica. Si viene trattati al pari dei mafiosi”.

L'effetto principale è quello di lasciare il Parlamento e le amministrazioni in preda a chi vive la politica come una lotteria per risollevare la propria condizione insignificante. “Alla fine chi rimane? O quelli, per fortuna ancora tanti che hanno una passione talmente forte che li spinge all’impegno anche se dovessero vivere di pane e cipolle, perché fanno politica da quando erano ragazzi. O chi non ha nulla da perdere, cerca uno stipendio ed è disposto a tutto pur di trovare un posto per risolvere problemi personali”, dice Crosetto. Ogni riferimento forse non è puramente casuale. “Quando ho scelto di lasciare il Parlamento, ero arrivato a un bivio. Avendo un'attività cui ero legato e due bambini piccoli ho scelto di rinunciare alla politica, perché per farla bene occorre investire gran parte di ciò che guadagni, con un impegno totalizzante di sette giorni su sette, a Roma e nel mio collegio, che ti impedisce di fare altro. Quando fai politica non hai orari. E però la gente pretende che tu sia uno schiavo pagato poco e che le istituzioni debbano essere popolate da francescani. Trovo surreale, a questo riguardo, che il sindaco di amministrazioni come Roma e Milano per il loro lavoro non venga retribuito almeno al pari di un alto dirigente dello stato”.

Si può dire che la svalutazione dell'attività politica sia stata il frutto dell'ascesa del grillismo, o un qualche germe andava covando ancor prima? “Direi che è una postura costruita ad arte, da parte di chi a un certo punto ha inventato il termine 'casta' e rappresenta la vera incrostazione di questo paese. Sono quelli che poi hanno tirato la volata al grillismo, dando loro voce con televisioni e giornali. Tutti hanno salutato con piacere la novità che portava il grillismo, anche se si è capito subito che non si trattava del ragazzo di 30 anni laureato ad Harvard con 4 Phd. O dell'imprenditore di 30 anni che ha messo in piedi una start-up da solo. Quelli fanno paura, devono stare fuori. C'è una parte in questo paese che si sente la migliore e che in qualche modo si tutela sempre: gli basta che gli altri abbiano un basso profilo”.

 

Peraltro alla destra è andata peggio che ai partiti di sinistra, che nel bene o nel male una loro classe dirigente più strutturata riesce ad allevarla e non deve per forza ricorrere alla società civile. “Essere dalla parte delle libertà ti rende anche più individualista. Per cui il centrodestra non da garanzie, abbandona i suoi uomini. Non ha mai costruito meccanismi per cui dopo la politica ti vengono assicurate vie d'uscita. Mentre dall'altra parte c'è di un discorso più organico, quasi strutturale, che consente di avere persone di livello nella burocrazia o nelle professioni, il centrodestra vive sull'impeto di persone carismatiche”, sottolinea ancora Crosetto. Che è poi un po' il codice con cui, quasi fosse una mosca bianca, l'imprenditore vinicolo Paolo Damilano s'è candidato a sindaco di Torino. Come lo consideriamo, un pazzo? “Conosco bene lui e la sua famiglia, è una persona seria che a un certo punto ha deciso di voler restituire alla sua città tutto quello che ha ricevuto in questi anni. Seguendo l'esempio di Brugnaro, un'imprenditore straordinario che sta rivoluzionando Venezia accettando non di guadagnarci ma di rimetterci di tasca propria”. Figure però che sembrano mancare a Milano e, soprattutto, a Roma. “Perché lì l'imprenditoria ha molto a che fare con il pubblico. Se ti candidi devi mettere in conto che ti potrebbero accusare di conflitto d'interessi, subire degli attacchi molto pesanti da parte dell'opinione pubblica e della magistratura. Questo rende la ricerca molto più complicata per tutti”.