Giorgio Gori (foto Ansa)

l'intervista

Gori: "La politica allontana i migliori. Sui sindaci troppi pregiudizi"

Luca Roberto

Il primo cittadino di Bergamo al Foglio: "Le persone capaci vanno remunerate il giusto. Il Pd per parlare ai ceti produttivi deve fare di più. A Roma tra Gualtieri e Calenda rischia di vincere la Raggi. Serve uno sforzo di sintesi"

"Il rischio di finire indagati per abuso d'ufficio è purtroppo una realtà, non c'è dubbio. Così come quello di trovarsi a combattere con i debiti. E a ben vedere fare il sindaco è anche molto faticoso. Ma è anche molto di più e molto più gratificante di quanto spesso non si dica. Così almeno è stato per me. Per cui se la domanda è “lo rifaresti?” la mia risposta è senz'altro sì". Giorgio Gori è dal 2014 il sindaco di Bergamo. Ha letto dell'apprensione con cui, in particolare il centrodestra, fatica a reclutare candidati sindaci nelle città. Ora che gli uomini d'impresa dalla politica sembrano volersi tenere alla larga. Lui nel 2011 non ebbe esitazioni nel lasciare la carriera da imprenditore, dal vertice della casa di produzione televisiva Magnolia che aveva fondato dopo decenni in Mediaset, compresa la direzione di Canale 5. 

 

"Decisi di chiudere la mia esperienza imprenditoriale e di impegnarmi in politica. E mi parve che la cosa più immediata e concreta fosse provare a fare il sindaco della mia città”, racconta al Foglio. Un'eresia rispetto allo spirito dei tempi? "Credo che sul ruolo dei sindaci si sia costruita una narrativa troppo negativa, con alcuni pregiudizi a cui hanno contribuito anche i media. È vero, il rischio di incappare in qualche incursione della giustizia c’è, così come il carico di responsabilità e la fatica che deriva dall’eccessiva burocrazia, ma ci sono anche molti aspetti positivi. Tra questi, il mandato diretto da parte dei cittadini e la stabilità garantita dal maggioritario, che consentono ai sindaci di incidere e di lavorare per cinque anni senza doversi troppo preoccupare dei sondaggi”. 

E però con la visione pauperistica per cui le istituzioni dovrebbero essere popolate solo da francescani, si rischia di perdersi i migliori, lasciando campo libero ai dilettanti allo sbaraglio. Non trova? "E infatti il tema economico va posto con forza. Per quale ragione il sindaco di una grande città deve guadagnare molto meno di un parlamentare o di un consigliere regionale? Non parliamo di quelli dei centri più piccoli. L’impegno e le responsabilità non sono nemmeno confrontabili. Persone come me o come Beppe Sala hanno potuto “permettersi” di fare i sindaci perché avevano guadagnato bene nella loro vita professionale. Ma questa non può essere la condizione. Se si vuole che figure capaci si impegnino per le loro città è necessario remunerarle il giusto”. 

Confessa ancora, Gori, di tanti conoscenti, persone di valore, che al tentativo di coinvolgerle hanno opposto un "no grazie". Forse dipende dall'alone di incomunicabilità che il Partito democratico ha prodotto nei confronti dei ceti produttivi del nord? "Non direi. Quel problema esiste ma non ha impedito che in tanti capoluoghi del nord venissero eletti dei sindaci del Pd, a dimostrazione del fatto che gli amministratori democratici sanno farsi interlocutori credibili anche dei ceti produttivi”, ribatte Gori. 

 

"Credo che l'inserimento di una figura come quella di Cesare Fumagalli nella segreteria Letta sia una novità positiva. Ma dobbiamo fare di più, perché molto abbiamo da recuperare. Mai come oggi il mondo del lavoro è popolato da figure che vivono una costante condizione di incertezza: dagli imprenditori agli artigiani, dai commercianti agli autonomi, fino ai precari della gig economy. Ai loro occhi il Pd rischia di apparire lontano, più attento a categorie già ampiamente garantite. Tanti sindaci dimostrano che è possibile capovolgere questo pregiudizio”.

Anche se il partito non sembra essersi aperto troppo alle istanze della società civile, impegnato com'è a salvaguardare un'alleanza coi cinque stelle già pericolante. Come giudica la candidatura di Roberto Gualtieri a Roma? "Assolutamente di livello, anche se penalizzata dal modo in cui è maturata, dopo il rifiuto di Zingaretti. Il rischio che vedo è che la competizione tra lui e Calenda finisca per avvantaggiare la Raggi e il centrodestra. Andrebbe fatto uno sforzo di sintesi per evitarla”. 

A proposito di grillini. È a loro che si deve lo sminuimento della politica cui assistiamo adesso? "La svalutazione della politica e della democrazia dei partiti comincia ben prima, con la stagione di Mani Pulite. Tutto quello che è venuto dopo, compresi il berlusconismo e l’ascesa del M5s, ha le sue radici in quegli anni convulsi. E’ passata l’idea che la politica sia una cosa sporca da cui stare alla larga. Quando invece è un impegno nobile, che dovrebbe vedere coinvolte le persone più capaci”. 

Come ultima cosa le chiedo: se la politica merita di essere riconosciuta come una professione, il segretario di un partito come Enrico Letta ha diritto a uno stipendio? E qui la risposta del sindaco Gori è netta: "Certo che sì. Se Letta rinuncia al suo compenso è perché vuole sottolineare quanto il suo impegno sia disinteressato. Ma questo non toglie che avrebbe tutto il diritto di vedersi remunerato”.

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