Abrogare Bonafede? Il Pd al bivio sulla riforma della giustizia

Valerio Valentini

I complicati equilibri di maggioranza sulle proposte della Cartabia. "Se al Nazareno non fanno da palo ai grillini, stavolta si cambia davvero", dice Costa (Azione). Ma la dem Rossomando prova a mediare: "Bisogna spostare l’asse sulle posizioni più avanzate possibili". Il nodo della prescrizione

La tentazione di vederci l’obliterazione del grillismo manettaro, per molti è irrinunciabile. “Se il Pd non fa da palo al M5s, stavolta liquidiamo davvero il populismo giudiziario”, sentenzia il calendiano Enrico Costa. E però dall’altra parte, cioè appunto quella del Pd, c’è chi, come Anna Rossomando, suggerisce di non limitarsi alla tattica politica. “Non c’è dubbio - spiega la senatrice dem, responsabile Giustizia nella segreteria di Enrico Letta - che una legislatura iniziata col ‘contratto di governo’, per cui la Lega concedeva al M5s lo stop alla prescrizione in cambio della legittima difesa, trova con la ministra Cartabia una evidente svolta. Quello proposto dalla Guardasigilli è un impianto di riforme ampio e ambizioso, e sbaglieremmo a non coglierne il valore complessivo”.

 

 

Inutile dire, però, che il centro gravitazionale del dibattito che s’è acceso dopo l’incontro a Via Arenula tra la Cartabia e i rappresentanti della maggioranza, il nodo imprescindibile nella polemica politica intorno alla riforma del processo penale in discussione alla Camera, resta sempre lo stesso: la prescrizione. “Per noi le soluzione avanzate dalla ministra sono entrambe validissime”, osserva Costa, che nella battaglia contro la riforma bandiera del M5s s’è guadagnato sul campo i gradi di pasdaran, lasciando intendere che però, tra le due, preferirebbe quella più radicale. “Che è in verità anche la più semplice da applicare”, precisa lui, sornione. “Si pongono dei tempi precisi, due anni per il primo grado e un anno per l’appello, per celebrare il processo, oltre i quali il decorso della prescrizione torna normale. Del resto è il ‘lodo’ proposto da Andrea Orlando nel dicembre dl 2019”. Al che Anna Rossomando, che dell’attuale ministro del Lavoro è una fedelissima, precisa che sì, a loro quella soluzione piace eccome, “ma forse sull’altra ipotesi, quella che contempla l’improcedibilità dell’azione penale, cioè una sorta di prescrizione del processo, oltre un certo limite di tempo, si può raggiungere un più ampio consenso parlamentare”.

 

E qui allora si ritorna al busillis: che fare col M5s? “In una maggioranza così eterogenea, contano i numeri”, spiega Costa, vagheggiando un asse che va da Forza Italia fino a Italia viva, passando per Azione. “Se la Lega, con la scelta bizzarra di dedicarsi ai referendum, si chiama fuori dal dibattito sulle riforme, e il M5s è l’unico a voler difendere certe posizioni, è finisce in minoranza, non vedo perché qualcuno dovrebbe accorrere in suo soccorso”. La Rossomando non si nasconde: “E’ indubbio che proprio sulla giustizia abbiamo misurato le distanze maggiori col M5s. Ma noi, come Pd, non abbiamo le ansie di visibilità tipiche di quei partiti che hanno bisogno di agitare lo scalpo dell’avversario per ottenere titoli sui giornali. Noi pensiamo invece che si debba trovare la soluzione più condivisa, e che l’importante sia spostare l’asse della maggioranza sulle posizioni più avanzate possibili. Da queste riforme dipendono gli oltre 3 miliardi del Pnrr destinati al comparto, e gli oltre 200 del Recovery nel complesso: eviterei dunque tatticismi pretestuosi”.

 

Sul resto, peraltro, la convergenza pare assai più agevole. “Il perseguimento della ragionevole durata del processo è l’obiettivo di fondo di questo impianto riformatore, e per questo ci soddisfa”, esulta la Rossomando. E come lei, anche Costa vede nel potenziamento dei riti alternativi “un notevole passo in avanti”. “Anche i limiti di tempo sulle indagini preliminari mi paiono doverosi”, prosegue il deputato di Azione, già viceministro della Giustizia nel governo Renzi, quando a guidare Via Arenula era proprio Orlando. “I tecnici della Cartabia - concorda la Rossomando - hanno inoltre ripreso un tema a me caro: quello sulla necessità d’introdurre un termine di tempo tra la conclusione delle indagini e l’avvio del processo”.

 

Semmai, delle divergenze restano su un altro punto: quello dell’inappellabilità delle sentenze di primo grado da parte dei pm. “Confido nel fatto - dice Costa - che due presidenti emeriti della Corte costituzionale, come la ministra e il suo consigliere Giorgio Lattanzi, sapranno intervenire negli spazi che un precedente intervento della Consulta aveva ristretto assai”. Riferimento alla bocciatura, da parte della Corte, della legge Pecorella nel 2006. “Valuteremo nel merito la proposta”, dice, più guardinga, la Rossomando, “anche per capire in che modo questo orientamento sarà collegato alla preannunciata compressione delle possibilità di appello per l’imputato”. 

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.