il personaggio
"Il centrodestra vince se è moderato. Appendino? I voti del M5s sono i benvenuti". Parla Damilano
Il candidato sindaco di Torino: "Con i partiti della coalizione sono stato chiaro. La città si scrolli di dosso la stagione della decrescita: non siamo il dormitorio di Milano. Lo stato investa in Stellantis"
Paolo Damilano la chiama “l’ora del coraggio della mia generazione”. E mentre tutti a destra si sfilano e rifuggono dall’investitura come candidato sindaco (“cercatevi un altro”, ripetono Bertolaso e Albertini a Roma e Milano), lui a Torino ha giocato d’anticipo. “Sono partito da solo a dicembre. Tutti quelli che vorranno partecipare saranno i benvenuti”, racconta al Foglio. Imprenditore del settore vinicolo da tre generazioni, un nonno partito dalle Langhe e un giro d’affari di oltre 70 milioni di euro tra cantina, acque minerali e ristorazione. Ci spiega chi gliel’ha fatto fare di inzaccherarsi con la politica? “Ho la fortuna di avere ancora due genitori che hanno vissuto la guerra. Ho capito che la pandemia è stata il conflitto del nostro secolo. L’unico modo di porvi rimedio è fare un atto di coraggio, rivolto alle nuove generazioni”. E così Damilano ha costruito la sua lista civica, “Torino Bellissima”, che almeno un impiccio alla coalizione di centrodestra l’ha tolto. Andate a guardare la cartina geografica delle amministrative: solo lì per adesso hanno trovato una convergenza.
“Lo spirito che anima il progetto è quello di chi si ritrova a ricostruire rimuovendo le macerie con una pala. Il post pandemia rappresenta un’occasione unica per lo sviluppo della città e la sua vocazione turistica, enogastronomica, come epicentro dell’industria dell’automobile”. Secondo molti, in questi anni d’amministrazione grillina Torino ha vissuto una stagione di decrescita, perdendo molta della sua attrattiva. “E infatti – ribatte Damilano – quello che dobbiamo fare è ribaltare questa narrazione ingenerosa. Non siamo il dormitorio di Milano. Abbiamo tanti asset da cui ripartire. Con Stellantis, ad esempio, si potrebbe pensare a una partecipazione dello stato per rendere Torino un polo strategico a livello europeo”.
E però come giudica l’amministrazione Appendino? “Delle persone si può avere un’opinione positiva, ma poi bisogna fare i conti con i partiti che ne determinano le posizioni. Bisogna guardare al futuro valorizzando ciò che di buono è stato fatto in questi anni, ad esempio con le Atp Finals che sono un evento straordinario per la città, cercando di non commettere gli stessi errori”. La sindaca ha detto che il M5s non sosterrà il candidato del Pd al ballottaggio. Punta a prendere anche quei voti? “Tutti coloro che condivideranno il progetto sono i benvenuti. Ma i cittadini sono stanchi di tatticismi politici, vogliono sapere come migliorerà la qualità delle loro vite. Noi creeremo dei posti di lavoro, è questo il vero messaggio per l’elettorato”. Secondo lei perché nelle altre grandi città il centrodestra fatica a coinvolgere uomini del fare? “Lo ha detto anche Giorgio Gori sul Foglio. Fare il sindaco è un mestiere complicato, pericoloso. Io ho la fortuna di avere una famiglia strutturata, che segue l’azienda. Trovare delle persone che, dopo una crisi economica così importante, facciano ripartire le loro imprese e trovino le energie per dedicarsi all’impegno pubblico è molto complicato”.
Lei dai partiti ha avuto piena libertà di manovra? “Sono stato subito chiaro nei confronti di tutti. Ho una mia visione. Credo che la politica darà dimostrazione di grande maturità, perché in un momento così tragico unire le forze è il risultato più grande”. La convergenza su di lei dimostra una moderazione del centrodestra a guida Salvini sui territori, non trova? “Se la politica capirà e dimostrerà che in un momento come questo la priorità è unire le forze migliori, ne beneficeremo tutti. In un certo senso anche il governo Draghi è espressione di questo principio. Poi, passata questa fase, si potrà tornare a dividersi su questioni ideologiche più marcate”. Ci scusi Damilano, ma qual è il suo orientamento politico? “Sono sempre stato un liberale moderato”. Se citiamo Luigi Einaudi, che a Dogliani produceva vino come lei, si spaventa? “E’ un mostro sacro della storia di questo paese, non mi permetto neppure di nominarlo”