Un Recovery da monitorare. Quattro proposte

Giulio Napolitano

Per la buona riuscita del Pnrr è  necessario un efficace sistema di governance. Come si muovono gli altri paesi europei

Come evidenziato nell’analisi comparata svolta dall’Istituto di ricerche sulla pubblica amministrazione (I piani nazionali di ripresa e resilienza in prospettiva comparata, in www.irpa.eu), i piani di ripresa e resilienza, in alcuni paesi, si inseriscono in strategie di sviluppo di lungo periodo, elaborate prima della pandemia e aggiornate successivamente; in altri, sono stati predisposti tenendo conto degli strumenti emergenziali nazionali già adottati nel corso del 2020 per fare fronte alla crisi sanitaria ed economica, con l’obiettivo di armonizzare le misure precedenti di sostegno al sistema produttivo con le azioni di rilancio delle attività di impresa. Inoltre, in alcuni stati, i piani servono esclusivamente per la gestione delle risorse provenienti dal Next Generation Eu; in altri, queste sono associate a risorse nazionali aggiuntive. L’Italia, che proprio nel mezzo del processo di adozione del piano e, almeno in parte, a causa dei dissensi sullo stesso, ha vissuto una crisi di governo, alla fine è riuscita a colmare il ritardo e a rispettare la tempistica europea. Il piano, però, non è stato sottoposto ad alcuna consultazione pubblica e il Parlamento, che pure ha utilmente interloquito in sede preparatoria, ha visto il testo finale soltanto all’ultimo momento. 

 


Per la buona riuscita dei piani di ripresa e resilienza è ora necessario un efficace sistema di governance, espressamente richiesto anche in sede europea. In relazione all’attuazione dei piani è individuato un soggetto responsabile che diventa il perno attorno al quale ruotano tutti gli attori pubblici e privati coinvolti dal piano. Il ministero dell’Economia e delle Finanze è il soggetto responsabile in Germania e in Francia. In Spagna e in Portogallo un ruolo preminente è assegnato a un’apposita Commissione interministeriale per la ripresa e resilienza, presieduta dal primo ministro. L’attuazione dei piani è poi declinata tra livello centrale e decentrato con modalità distinte a seconda delle caratteristiche regionali o federali dei vari ordinamenti. Ai soggetti responsabili dell’attuazione possono affiancarsi anche ulteriori strutture di coordinamento: in Francia è istituito l’Alto commissariato per il piano di ripresa; in Grecia è costituita la Special Coordinating Authority for the Recovery Fund in seno al ministero dell’Economia; in Portogallo funzioni fondamentali di coordinamento sono assegnate all’apposita struttura di missione, denominata Recuperar Portugal. 

 


In riferimento al monitoraggio sull’esecuzione e sul completamento degli investimenti e delle riforme previste dai piani, ciascuno stato si è dotato di appositi strumenti. In alcuni casi, si è optato per un meccanismo amministrativo di monitoraggio, come in Francia, dove si è creato, a livello nazionale, un comitato, presieduto dal primo ministro, incaricato di vigilare anche sul cronoprogramma dei progetti, al quale si aggiungono comitati di monitoraggio regionali. In altri casi, si è preferito favorire un modello di controllo parlamentare, come in Spagna dove il governo deve riferire periodicamente sui progressi dell’attuazione del piano alla Commissione mista per l’Unione europea. In altri casi ancora si è fatto ricorso a enti indipendenti, come in Portogallo, dove il monitoraggio sull’esecuzione è affidato a una speciale Commissione nazionale, presieduta da un soggetto indipendente e composta da imprenditori e da rappresentanze sociali e territoriali.


Anche per l’Italia è ora arrivato il momento delle scelte ed è importante non fare errori. Eppure fin qui il dibattito, come spesso accade nel nostro paese, si è concentrato sui rami alti, in particolare sull’istituzione e sulla composizione di una cabina di regia (che alcuni propongono di costituire in forma di comitato interministeriale) presso la presidenza del Consiglio. Questa potrà dare sicuramente un contributo, ma non è certo dal solo momento dell’indirizzo politico che dipenderà il successo del piano. Ecco perché è fondamentale spostare l’attenzione sugli strumenti attuativi e di controllo. Qui di seguito quattro proposte.
La prima è la previsione di un’unica autorità responsabile per l’attuazione, alla quale possano essere assegnati anche poteri commissariali straordinari, derogatori e sostitutivi, in caso di ritardi e inefficienze nell’attuazione del piano. Questa può essere costituita dal ministero dell’Economia come attualmente previsto, ma soltanto a condizione di un suo autentico mutamento di pelle (in Francia a tal fine ha anche cambiato nome) e di una capacità di effettiva guida del gabinetto; altrimenti, meglio pensare a una Special Coordinating Authority, come accaduto in altri paesi europei. 

 


La seconda è l’individuazione di una struttura operativa dedicata e specializzata. Per evitare gli inevitabili oneri di costituzione di un’entità ad hoc, la soluzione più pratica potrebbe essere l’affidamento dei relativi compiti a una o più società a partecipazione pubblica di comprovata efficienza ed esperienza (come ad esempio Cassa depositi e prestiti), oppure a un spin off con il distacco temporaneo di uffici e personali delle stesse (oltre a Cassa, ad esempio, Invitalia, ma anche Ferrovie e Poste, e persino le quotate, come Enel, Eni e Leonardo). 

 


La terza è la predisposizione di un tableau de bord  pubblico e costantemente aggiornato, con lo stato di avanzamento dei singoli progetti rispetto al cronoprogramma. A ciò dovrebbe accompagnarsi la compilazione di una vera e propria graduatoria di chi va meglio e chi va peggio nella realizzazione dei progetti, con una tecnica di naming and shaming che non faccia sconti a nessuno. Ciò richiede il disegno di piattaforme digitali più sofisticate e avanzate di quella attualmente utilizzate dalla Ragioneria generale dello stato, che sono state pensate per il tracciamento dei soli flussi finanziari. Inoltre, i dati caricati nella piattaforma devono essere liberamente accessibili. 

 


La quarta riguarda gli strumenti di accountability. Al momento il Pnrr si limita a prevedere l’abituale soluzione della relazione annuale del governo al Parlamento. Ma qui il rispetto dei tempi è fondamentale. Ecco perché serve una reportistica continua (bimestrale o al massimo trimestrale). Inoltre, è necessaria l’istituzione di una commissione parlamentare bicamerale di monitoraggio, in coerenza con l’orientamento favorevole già espresso a larga maggioranza dalla commissione Affari costituzionali del Senato. Infine, si potrebbe prevedere la costituzione di un comitato di controllo privato, composto da esperti indipendenti, da imprenditori e da rappresentanti delle parti sociali e delle comunità territoriali.
 

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