Il retroscena

Draghi, ultimo colpo al sistema M5s-Conte: via Palermo da Cdp

Palazzo Chigi vuole chiudere la prima tornata di nomine, per concentrarsi poi sulla Rai

Simone Canettieri

Il premier è pronto al cambio a Cassa depositi e prestiti: Scannapieco al posto dell'ad che piace tanto ai grillini. Svolta anche a Ferrovie: Battisti via, in pole c'è Ferraris

Più il M5s lo difendeva e più lui si indeboliva. Tanto che adesso il primo ad aver capito che la sua conferma in Cassa depositi e prestiti è appesa a un filo è proprio Fabrizio Palermo. Per i grillini   – da Luigi Di Maio a Giuseppe Conte – sarebbe l’ultimo totem, forse quello più pesante, a venire giù  manu militari delle truppe draghiane. C’è adrenalina nell’aria.  Anche perché il premier è volato a Bruxelles lasciando tutti i partiti nell’incertezza. Che poi   altro non è che  la conferma di un metodo già visto in questi cento giorni: Draghi ascolta tutti, ma alla fine decide lui. E così avanza Dario Scannapieco alla guida di Cdp. Tra domani e giovedì il responso.

 

Con il realismo di chi si appresta a commentare una sconfitta ieri dalle truppe più vicine a Di Maio ammettevano: “Al momento la conferma di Palermo è data al 50 per cento”. E sono le stesse voci   dentro al Movimento che nei giorni scorsi facevano trapelare “l’inamovibilità” del manager sulla tolda di comando del palazzo di Via Goito, emblema di “un capitale dinamico e paziente da 170 anni”, come rimarcato nella copertina del libro uscito giusto nel 2020 in occasione dell’anniversario tondo. Giovedì è prevista l’assemblea di Cdp e, salvo sorprese, arriverà la sorpresa: si cambia, anche qui. Potrebbe saltare l’ennesimo pezzo di un sistema di potere che porta all’esperienza gialloverde e poi  rossagialla di Giuseppe Conte.

Tutto si muove in un quadrilatero ben preciso. I cui lati sono: il premier, il ministro dell’Economia Daniele Franco (in tandem con il dg Alessandro Rivera), l’economista e consulente di Palazzo Chigi Francesco Giavazzi e infine Antonio Funiciello, capo di gabinetto di Draghi colui a cui spetta il compito di portare dentro al quadrilatero le istanze dei partiti, riducendole se serve a rumori di fondo. Il più che possibile cambio della guardia in Cassa depositi e prestiti avviene con il M5s ancora alle prese con le vicende interne.

Tanto che Draghi in questa fase si confronta – senza farsi troppo impressionare, ovvio – con i ministri grillini, ma non con il suo predecessore. Chi segue il dossier “di Cassa” spiega che la difesa di Palermo da parte del M5s sta producendo da giorni l’opposta reazione della Lega di Giorgetti e Salvini, ben contenti di dare “un calcione” negli stinchi ai pentastellati. Idem Forza Italia. Con il Pd di Enrico Letta tra i due fuochi, ma più interessato a gestire altre nomine (a partire da quelle della Rai). D’altronde qui ci sono di mezzo l’economia e Mario Draghi e anche il solido rapporto che il premier può vantare con Dario Scannapieco, che nasce     ai tempi vissuti insieme in Via XX Settembre. L’altra regola del quadrilatero riguarda il “no” alle porte girevoli. Non ci saranno valvole di compensazione: se Palermo dovesse davvero uscire da Cdp non ci sarà per lui un’altra nomina contestuale. 

Sullo stesso binario temporale – “ormai siamo alla stretta finale”, dicono da Palazzo Chigi – corre anche un’altra partita: quella di Ferrovie.  Anche in questo caso l’ad uscente Gianfranco Battisti è dato dal governo con la valigia in mano. I cacciatori di teste in azione nelle ultime settimane hanno cerchiato di rosso i nomi di Luigi Ferraris (ex Terna, che non dispiace al M5s, in particolare a Di Maio), il banchiere d’affari  Giovanni Tamburi e Donato Iacovone di Webuild. Il primo e l’ultimo sembrano giocarsela. Chiusi i giri di nomine per Cdp e Ferrovie si passerà alla Rai. A partire già dalla prossima settimana il valzer inizierà a rallentare i giri. I partiti puntano a mantenere almeno le quote nelle direzioni dei telegiornali e delle reti. Consci che l’amministratore delegato  uscirà fuori dal famoso quadrilatero draghiano. Bisogna dar conto dunque di Marcello Ciannamea, attuale direttore distribuzione in  caso di scelta interna, ma anche di  Paolo Del Brocco (ad Rai cinema). Nella ridda di voci e depistaggi spuntano anche i profili di Laura Cioli (ex Sky e Gedi) e ancora (nonostante le sue smentite) di Elisabetta Ripa (Open Fiber). Ma c’è tempo. Uno scossone, pardon, un passo per volta, sembra essere la parola d’ordine di Palazzo Chigi.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.