Il colloquio
Lotito: "Stimo la Raggi e mi piace. La destra? A Roma la Meloni vuole perdere"
All'evento su Roma 2030 il gotha del potere al cospetto della sindaca. Anche il dirigente della Roma Scalera (ex braccio destro di Gualtieri) ammette: può rivincere
Il presidente della Lazio a ruota libera con il Foglio: "Virginia è cresciuta, è in gamba e ce la mette tutta. La destra tira fuori nomi incredibili. Gasparri? Non lo vota manco la moglie"
Il tempismo è pazzesco. Virginia Raggi sta parlando all’Auditorium di come sarà la Roma del 2030 e dice che se la immagina come “una città orizzontale”. Intanto, a Torpignattara, periferia est, si è appena aperta una voragine nell’asfalto che ha inghiottito due auto (il famoso mondo di mezzo o di sotto?).
Dunque, mentre Roma si conferma caput buche e le foto impazzano su Welcome to favelas, la sindaca sta qui sul palco della cavea – con il ministro Luigi Di Maio – a far breccia fra chi una volta ripudiava (e viceversa). C’è il potere ad ascoltarla. In sala: amministratori delegati, dirigenti, rettori e presidenti. Unindustria, Aeroporti di Roma, Bocconi, Terna, Acea, Luiss, Politecnico, Coni, Enel, costruttori.
Certo, i convegni sarebbero proibiti fino al 15 giugno per le norme anti Covid, ma si fa passare l’evento come conferenza stampa (tuttavia i giornalisti non possono fare domande). Notizia: in campagna elettorale gli odiati poteri forti sono intorno a lei, Virginia, di nero vestita. Non ditelo a Di Battista: sverrebbe subito. Qui si sogna l’Expo 2030. Sensazione cinica dei presenti: la sindaca è in partita, meglio esserci. Ecco Claudio Lotito, il patron della Lazio: “Meglio una verità scomoda che una bella bugia: questa mi piace, la stimo”. Questa chi? “La Raggi”.
Lotito parla con il Foglio per un’oretta di tutto lo scibile umano.
Nel frattempo, tirerà fuori dalle tasche della giacca i mitici tre cellulari (ha solo vecchi modelli Samsung che si aprono con lo sportelletto, i maligni dicono che li usi per non farsi intercettare: vai a capire).
Driiiin. Risponde: “Chi sei? Te richiamo”.
Attacca. Risponde ancora: “Tare? Dopo”. E riprende: “Famme parla’ con quello dell’Inps”. E ributta giù. “Insomma, dicevamo della Vezzali allo sport? Lasciamo perde va’ che è meglio”.
Lotito ama Roma, e non la Roma. Anche se si intrattiene a confabulare per un po’ con un altro ospite importante: Stefano Scalera, già dirigente apicale del Mef e ora responsabile dei rapporti istituzionali del club di Trigoria. Scalera è stato vicecapo di gabinetto di Roberto Gualtieri quando era ministro dell’Economia, e se n’è andato poco prima che cadesse il governo. E adesso – in questo buffet dove agli invitati si dà un pacchetto sigillato con due pizzette e un croissant salato – dice al Foglio: “La Raggi può puntare a essere rieletta. La sinistra è divisa in tre e lei ha delle possibilità. Lo stadio? Presto. Mourinho? Vedrete che entusiasmo”.
Bisogna riacciuffare Lotito. E’ guardato sempre a vista da tre montagne tatuate. Ma si vede: ha un’incredibile voglia di parlare. Tiene banco.
Eccolo: sta raccontando di quando chiamava Diego Della Valle “lo scarparo”, delle telefonate con Berlusconi, del fatto che non vuole vendere la neo promossa Salernitana (“me vojono dà un pacco per fa sali’ il Benevento: se attaccano al ca...”) e dell’Inter che doveva avere nove punti di squalifica (“altro che scudetto”). Dipinge se stesso come una specie di eroe greco, sarà parente di Enea, forse. Dà buffetti in faccia alla gente. Insomma: “Se volete un risultato garantito, rivolgetevi a Lotito”. Ride. Racconta.
Lo saluta anche Pecoraro Scanio, ex ministro dei Verdi da tempo in orbita grillina e amicissimo di Di Maio (che ovviamente è stato il primo ad andarsene). “Ma dove sta Giggino?”, chiede Pecoraro.
Raggi vola di fiore in fiore, di capannello in capannello. Qui tutti parlano di cose da fare e di progetti (mi raccomando: acqua in bocca con Dibba, se no servono i sali).
La sindaca è andata anche da Lotito. Di nuovo. Insomma, presidente parlavamo di questa Raggi: le piace, diceva, ma lei non era di destra? “Ma allora lei è tosto: non ha capito”.
Cosa? “La destra vuole perdere, mi sembra chiaro. Lo capisce pure un ragazzino. Ma chi è Michetti, Micucci? Come si chiama? E Gasparri? Non lo vota manco la moglie. Figuriamoci se Tajani vorrebbe mai uno che gli fa ombra. La verità è semplice”.
Ci illumini. “La Meloni vuole perdere perché il sindaco di Roma, nella sua Roma, le potrebbe dare fastidio. Pensi che lo chiesero anche a me di candidarmi, mesi fa. Ma io risposi di no”.
E perché? “Per rispetto verso la Raggi: è una persona in gamba, è partita male, ha impiegato un po’ di tempo a carburare. Ma adesso sta andando spedita”.
Ancora il cellulare: “Chi sei? Non ti conosco!”. E attacca. L’altro Samsung si fa vivo: “Digli che hai parlato con me, chiamalo a nome mio. Non me rompe adesso”. E butta giù. Presidente, ma non le fa strano vedere tutti questi player dell’economia romana qui? Una volta non erano i nemici della Raggi e viceversa?
“Adesso lo sa chi sono i nemici di questa sindaca?”. Oddio, chi? “La burocrazia del Comune, quella parte di amministrazione che frena. L’ha sentita prima? Questa vuole andare spedita: fare le cose, snellire le pratiche, va dritta. Ecco magari dovrebbe farsi una bella squadra per rivincere, un gruppo competitivo, però lei sta sul pezzo”. In poche parole sta dicendo che è pronto a votarla? “Questo non lo so, è presto e voglio vedere come finisce il mio ricorso per entrare in Senato, mi sa che vado in Procura. Vedremo il giorno delle elezioni, intanto ribadisco: stimo la Raggi”.
Ancora il telefono. Gli chiedono della Superlega, ma anche del presidente della Figc Gabriele Gravina (“lo vedi così, ma è un furbo”), racconta di come è riuscito a salvare la Lazio (“avrei dovuto guadagnare in questi anni 200 milioni di euro”). Se ne va. Si ferma: “Il Foglio ha i conti in ordine? Ha debiti? Serve una mano? Con Lotito risultato garantito”.