L'intervista
“Vi spiego come Draghi rilancerà la ricerca italiana”. Parla Tria
Il ruolo del premier, Aifa e ReiThera. "Non bisogna guardare solo al Pnrr, che è piccola cosa rispetto agli ottocento miliardi del bilancio dello stato: è qui che bisogna trovare le risorse", dice l'ex ministro all'Economia, oggi consigliere di Giorgetti
“Mario Draghi? È la salvezza dell’Italia”. Il professore Giovanni Tria è particolarmente loquace al termine di un evento web, promosso da Fino a prova contraria, sul futuro della partnership pubblico-privato in ambito farmaceutico. Tria ha archiviato senza nostalgia l’esperienza del governo gialloverde, quando guidava il dicastero di via XX settembre al fianco di Giuseppe Conte, e adesso l’accademico di Tor Vergata ricopre il ruolo di consigliere del ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti per la produzione industriale del vaccino e i rapporti con l’Ue.
“Ho conosciuto il ministro ai tempi del governo gialloverde – racconta il professore al Foglio – siamo rimasti in contatto e, con la nascita del nuovo esecutivo, mi ha chiesto di dare una mano per garantire all’Italia un’industria farmaceutica forte e competitiva”. Lei è passato da Giuseppe Conte a Mario Draghi, un volo da capogiro. “In effetti mi sarebbe piaciuto stare in un governo con Draghi. È la salvezza dell’Italia: una personalità straordinaria, con il tramonto della cancelliera Angela Merkel il premier sarà l’unico vero leader europeo. Finalmente l’Italia torna a contare nelle sedi internazionali, per non parlare del rapporto privilegiato con l’amministrazione americana. Nei prossimi mesi, quando saremo chiamati a rinegoziare il graduale ritorno al Patto di stabilità attualmente sospeso, Draghi potrà salvaguardare gli interessi dell’Italia, il suo nome è una garanzia per i mercati”.
Senza offesa: il governo di cui lei ha fatto parte, quello gialloverde, era abbastanza scombiccherato. “Con l’eccezione del ministro Savona, nessuno vantava precedenti esperienze governative. Il clima in Europa era totalmente diverso: sembrava che l’Ue potesse crollare per qualche decimale di deficit in più o in meno. Abbiamo avuto il merito di stabilizzare la finanza pubblica italiana per trasmettere all’esterno la percezione di un paese sotto controllo”. Tornando al vaccino, lei ha detto che su Reithera il governo Conte ha agito “in ritardo e senza competenza”. “Non siamo stati in grado di convogliare i finanziamenti necessari. C’è stata disattenzione politica o incapacità amministrativa”. Secondo la Corte dei conti, il progetto di investimento dell’ex commissario Domenico Arcuri era incompatibile con quanto previsto dal decreto ministeriale del 2014 sugli aiuti di stato. “Hanno utilizzato lo strumento sbagliato. Nel decreto ‘Sostegni-bis’ è prevista l’istituzione di una fondazione privata con capitale pubblico che possa reperire risorse per finanziare l’intera filiera dell’industria farmaceutica innovativa, dalla ricerca alla sperimentazione clinica fino alla produzione di massa”.
Big player come Roche e Novartis lamentano l’incertezza delle regole, procedure farraginose e l’annosa questione del “payback”, una sorta di tassa occulta che penalizza chi fa innovazione. “Condivido, con il ministro, i tre obiettivi che ci siamo dati: tutelare la salute degli italiani attraverso un’industria italiana forte e autosufficiente; garantire la sicurezza del paese; investire in un settore a vocazione globale. Servono regole più semplici e procedure snelle. Dobbiamo creare un ambiente istituzionale ed economico in grado di attrarre gli investitori esteri”.
Nel nostro paese gran parte della ricerca è finanziata dal privato: se le multinazionali abbandonano il paese, si perdono anche fondi utili al progresso della scienza. “È un rischio che non possiamo correre. Servono regole scritte bene e servono uffici forti, ben equipaggiati, capaci di garantire risposte celeri ed efficaci”. Negli scorsi mesi si sono moltiplicate le critiche a causa della lentezza decisionale delle agenzie regolatrici, Aifa inclusa. “Probabilmente Aifa non dispone di risorse adeguate per intervenire in tempi congrui”. In Italia solo l’1,4 per cento del pil è destinato alla ricerca, siamo sotto la media europea del 2 per cento. Su questo punto il Pnrr fa poco. “Per dare impulso alla ricerca non bisogna guardare solo al piano di rilancio che è piccola cosa, parliamo di 30 o 40 miliardi l’anno, rispetto agli ottocento miliardi del bilancio dello stato: è qui che bisogna trovare le risorse per finanziare laboratori di ricerca, università, centri di innovazione. Nel decreto “Sostegni-bis” il governo ha portato da 4 a 20 milioni di euro il tetto massimo per il credito di imposta a favore delle aziende che sostengono la ricerca”. Nella cosiddetta “geopolitica del vaccino” come giudica la performance europea? “Come l’Italia, l’Europa si è mostrata impreparata, incapace di un coordinamento politico univoco. Non si è dotata neanche di un protocollo comune contro la pandemia. Non avendo investito seriamente in un vaccino europeo, siamo andati con il cappello in mano a elemosinare dosi a destra e a manca”.