La giustizia sociale spiegata a Letta
Caro Pd, un partito progressista ed europeista non può abbracciare il socialismo strampalato di Sanders e Ocasio-Cortez. Uno sviluppo giusto della società non si costruisce colpendo la creazione di ricchezza
La giustizia sociale, verrebbe da dire a Enrico Letta, che promuove un ritorno del Pd e dei progressisti ai sani, vecchi princìpi della redistribuzione messi in ombra dal capitalismo globalizzato e mercatista degli ultimi decenni, non si realizza perseguendola. Fosse così semplice, avrebbero funzionato perfettamente i mezzi della pianificazione economica, del dirigismo di stato, del peronismo selvaggio: erano mezzi orientati alla produzione di giustizia sociale, in teoria.
Invece la lezione della storia a cavallo dei due secoli nostri dice che uno sviluppo giusto della società non si costruisce colpendo la creazione di ricchezza, sempre sospetta di essere mera percezione di rendita o privilegio, e umiliando le élite cosmopolite che coltivano i loro interessi legittimi in regime di circolazione libera dei capitali, né si realizza predicando un personalismo comunitario della dignità, molto vicino a un confuso moralismo filosofico, nato negli anni Trenta del Novecento in opposizione al conformismo totalitario dei fascismi e del socialismo reale Lo sforzo del nuovo segretario del maggior partito della sinistra italiana è di competere con il riflusso populista che ha scippato ai progressisti la rappresentanza di interessi lesi dallo sviluppo consegnandola alle destre rampanti, sforzo encomiabile. Il sospetto è che, concepito come emerge da un suo recente scritto, sia una fatica di Sisifo.
Macron cinque anni fa fu messo in croce perché diceva che in una cordata la soluzione non è di indebolire i primi della catena ascensionale ma consolidare il contatto con loro, se non si vogliano guai. Letta sostiene che una locomotiva forte non è la soluzione per i vagoni, perché il treno deraglia, e sono guai per tutti. Fuori di metafora – certe metafore nascono per poi essere felicemente bloccate – non è mettendo lo studente disconnesso e il lavoratore cinquantenne che perde il posto contro il movimento elitario dei capitali, erigendo un nuovo muro fiscale redistributivo, che si risolve il problema della giustizia sociale e di una rappresentanza di interessi alla quale la sinistra europea dei Macron, dei Blair, dei Renzi aveva rinunciato colpevolmente.
La Brexit, Trump e ora il johnsonismo vittorioso nelle barriere laburiste, come anche il minestrone populista italiano o spagnolo, non sono un passo avanti verso la giustizia sociale, e il problema dei progressisti non è mettersi a quel passo. Liberismo, deregulation e globalizzazione hanno comportato delle crisi sociali estese, e a nessun fenomeno economico sono estranei l’avidità e la fretta animalesca, ma le diseguaglianze tendenziali e progressive di cui si discute a Science Po, praticamente Piketty, non sono dimostrate, non sono suffragate dall’evidenza dei fatti.
E’ dimostrato invece che il capitalismo occidentale, sempre in via di riforma e cambiamento, ha prodotto un’estesa rete di protezione sociale, un eguagliamento di fatto e di diritto prodotto dallo spirito mercantile e tecnologico dello sviluppo riavviato negli anni Ottanta del secolo scorso, di cui abbiamo avuto un saggio nella pandemia e nella cura pubblica di un vasto male sociale, basti pensare comparativamente al destino cinico e baro delle società che su questo piano vivono in condizioni di arretratezza di tipo arcaico. La svolta europea della mutualizzazione parziale del debito e la flessibilità di sistema nell’abbracciare politiche di sostegno sociale finanziate dal debito pubblico sono un altro aspetto della faccenda.
E oggi in Europa un partito progressista ed europeista non può, per ragioni evidenti di primo acchito, abbracciare il socialismo strampalato e occasionale di un Bernie Sanders o di una Alexandria Ocasio-Cortez, altro che Jo Biden, per competere con populismi insediati nella piccola impresa e impegnati a sfruttare le circostanze con estremo cinismo sociale. Qui si spende come a Washington, qui si prende atto del nuovo ruolo dello stato nel governo della crisi mondiale, ma non sarebbe progressista, per dirla con Letta, ridirigere queste risorse e energie contro lo sviluppo e le sue premesse. Letta è un cattolico democratico che guida un partito costruito insieme con i post comunisti, certe cose si spiegano, si comprendono e si accettano in linea di principio, ma per la giustizia sociale bene intesa occorrono, come anche lui sostiene, idee, formule e soluzioni appropriate, non la rincorsa neo-classista. Per adesso non si vedono.