La transizione garantista
"Eravamo manettari". Cosa resta della gogna del M5s. Parla Ennio Amodio
Dopo il crollo di Genova sospesero anche lo stato di diritto: "Non possiamo attendere i tempi della giustizia"
L'accanimento contro gli indagati, la sospensione delle garanzie. Prima delle scuse di Luigi Di Maio è stato "populismo penale". "Hanno girato le spalle a Voltaire, oggi leggono Beccaria. Non credo nel ravvedimento". Parla il giurista Ennio Amodio
Roma. Sono partiti da Robespierre e sono arrivati a Cesare Beccaria. Hanno celebrato le manette, fatto l’elogio delle sbarre, invocato la bellezza del bagno alla turca. A Genova, dopo il crollo del ponte, sospesero lo stato di diritto: “Non possiamo attendere i tempi della giustizia”. Dice Ennio Amodio, professore emerito di procedura penale, lui che sul M5s ha scritto sicuramente il testo più profondo e spaventoso, “A furor di popolo” (Donzelli), che davvero bisognerà riflettere su queste scuse di Luigi Di Maio (“mai più gogna”) e ripercorrere questi anni “di estremismo giudiziario, di sovranità punitiva, l’età dell’ardore poliziesco”.
Sul serio si dovrà forse cercare di capire come è stato possibile ricascarci dopo il terrore del 1993, gli eccessi di Tangentopoli, le garanzie calpestate. Il Pd raffigurato come una piovra e definito il partito dei ladri di bambini, le arance esibite in consiglio comunale da Virginia Raggi (anche lei ha chiesto scusa) e poi l’idea che tutto si potesse risolvere con la segregazione penitenziaria. Indagato dunque colpevole. Erano solo ragazzi?
Per Amodio, dieci anni fa, una parte importante d’Italia “ha voltato le spalle a Voltaire, dimenticato la bellezza del nostro codice”, creduto nell’emotività anziché nella giustizia, pensato che, grazie alla durezza di questo movimento, un indagato non dovesse essere solo processato ma “allontanato dal consorzio umano”. E’ cominciato tutto così. Con un vaffa. Il problema è che si è ingigantito.
Racconta Stefano Graziano, consigliere del Pd campano che nel 2016 venne indagato con un’accusa tanto infamante quanto non vera, concorso esterno in associazione mafiosa (venne archiviata dopo tre mesi), che la furia dei deputati e senatori del M5s fu tale che perfino sua moglie ne fece le spese. “Mi diedero del camorrista. Ci era appena nata una figlia. Aveva cinque mesi. Mia moglie non riuscì più ad allattarla. Ho sofferto più per lei che per me”. L’allora capo ufficio stampa del M5s campano venne invece licenziato: si era rifiutato di scrivere comunicati contro Graziano. Erano così violenti nei toni che pure lui, Arnaldo Capezzuto, ne ebbe paura. Non era solo gogna. Nel blog del fondatore, oggi ridotto a una carcassa, ogni giorno si selezionava un indagato da scaracchiare.
Amodio, che ha coniato l’espressione “populismo penale”, dice che la gogna non è certo un’invenzione di Beppe Grillo e del M5s. La novità è il M5s ha fatto della gogna la componente essenziale del suo programma per dare l’assalto al cielo: “Il passo successivo è stato indicare l’indagato come un nemico della società. Il M5s non ha mai cercato la pena, ma desiderato l’estromissione. La presunzione di innocenza si è trasformata quindi in presunzione di colpevolezza”. Non hanno fatto tutto da soli. Nel primo governo, quello gialloverde, hanno trovato in Matteo Salvini la spalla ideale, il compagno di furia ed euforia. Da questo speciale incontro sono nate le leggi non sulla legittima difesa ma l’idea del fucile facile. Da quel matrimonio è stata generata la Spazzacorrotti, la legge bandiera di Alfonso Bonafede, uno che di fronte ai magistrati si presentò dicendo questo: “Il percorso della giustizia inizia con le indagini, prosegue nel processo e si conclude con la condanna”. Aveva dimenticato l’istituto dell’ assoluzione.
Nel mondo di ieri del M5s, che poi è il nostro mondo recente, si è favorita, pensa sempre Amodio, “una concezione di criminalità gigantesca”. Da qui: Trivellopoli, Gomorra Pd, la scorciatoia della galera anche quando il delitto è presunto. Sono dunque scuse vere o solo l’ultima furbizia? L’opinione di Amodio è che il “ravvedimento di Di Maio è tardivo e di convenienza. Di certo è il primo. Mi sembra un modo per avvicinarsi al Pd, per favorire una nuova fase politica. Per essere creduti dovranno ammainare l’ultima bandiera. Ripudiare Grillo”. E potrebbe accadere. Leonardo Sciascia li chiamava gli eroi della sesta giornata. Si riferiva a quelli che cambiavano idea quando era il caso di cambiarla. Nel M5s lo era.